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Autosvezzamento: cos’è, come funziona, quando e come iniziare

Autosvezzamento: cos'è, come funziona, quando e come iniziare

1. Introduzione 2. Cos'è lo svezzamento? 3. Svezzamento tradizionale e autosvezzamento: le differenze 4. I requisiti per iniziare l'autosvezzamento 5. I benefici dell'autosvezzamento 6. Paure e falsi miti sull'autosvezzamento 7. Soffocamento 8. L'autoregolazione nel neonato 9. La proposta di pasti completi 10. La differenza tra GAG Reflex e soffocamento 11. Le competenze psicofisiche per l'inizio dell'autosvezzamento 12. Perdita del riflesso di estrusione 13. Padronanza della presa palmare 14. Capacità di stare seduto senza ingobbirsi eccessivamente 15. Interesse verso i cibi consumati dagli adulti 16. Dentini e autosvezzamento: sono necessari? 17. Allergie e autosvezzamento 18. Autosvezzamento e microbiota del bambino 19. Piatti e posate in autosvezzamento: come scegliere i materiali 20. Autosvezzamento vegetariano: è possibile? 21. Consigli per un autosvezzamento vegano semplice e salutare 22. Quando termina l’autosvezzamento? 23. Gli aspetti pratici dell’autosvezzamento 24. Come scegliere il seggiolone 25. Utilizzo delle posate in autosvezzamento 26. Come comporre un piatto sano 27. Quali carboidrati scegliere in autosvezzamento? 28. Quali proteine scegliere in autosvezzamento? 29. La gestione dei grassi in autosvezzamento 30. La scelta degli ortaggi 31. Consistenza dei cibi e tagli sicuri: ecco cosa sapere 32. Carboidrati: consistenze e tagli sicuri 33. Alimenti proteici: formati, consistenze e tagli sicuri 34. Fonti di lipidi: consistenze e tagli sicuri in autosvezzamento 35. Come proporre e tagliare frutta e verdura in autosvezzamento 36. Come offrire l’acqua in autosvezzamento?

Introduzione

Autosvezzamento: in una parola, un mondo che affascina, a volte spaventa, indubbiamente incuriosisce le future e neo mamme. 


Se ti riconosci in quanto ho appena detto, questo contenuto è per te. Come puoi vedere, è molto lungo. 


Per renderne più facile la lettura, ho preparato un indice. 


Grazie ad esso, se ti interessa un determinato argomento, potrai approfondirlo semplicemente cliccando sul titolo corrispondente.

 

Ora non mi resta che augurarti una buona lettura e invitarti a scoprire un argomento fondamentale per il benessere del tuo piccolo. 


In questo viaggio, ti accompagneranno i preziosi consigli della Dottoressa Federica dell’Oro, biologa nutrizionista e autrice del videocorso verticale sull’autosvezzamento che puoi trovare alla fine del paragrafo.

Cos'è lo svezzamento?

Prima di parlare di autosvezzamento, è necessario partire cercando di capire di cosa si parla quando si chiama in causa lo svezzamento. 


Con questo termine, si inquadra il processo graduale che porta il neonato da un’alimentazione esclusiva con il latte materno a una che, invece, include anche altri alimenti sia liquidi, sia solidi.

 

Attenzione: svezzamento non è sinonimo di slattamento. L’obiettivo non è quello di “riempire” il piccolo con altri cibi per sostituire la poppata. 


Lo svezzamento è il periodo durante il quale il latte materno viene affiancato ad altri alimenti.

 

Si tratta di un percorso lungo, di un viaggio di scoperta e sperimentazione fondamentale per la crescita del bambino sotto ogni punto di vista, non solo quello prettamente nutrizionale.


Il termine più appropriato per definire questo straordinario periodo è “alimentazione complementare”. 


Dai sei mesi di vita circa in poi - settimana più, settimana meno, ogni bimbo è a sé - i nuovi alimenti andranno ad affiancarsi al latte.


Quest’ultimo, nonostante l’inizio dello svezzamento, deve rimanere comunque la principale fonte di nutrimento per il piccolo, almeno fino al primo anno di età.

 

Così come l’allattamento al seno, anche l’alimentazione complementare dovrebbe essere a richiesta. 


Cosa vuol dire? Che è il bambino a chiedere cibo e a dimostrare di averne voglia. 


Non bisogna ingozzarlo o costringerlo a mangiare quando non è pronto. La risposta è no: non si può iniziare lo svezzamento a 4 - 5 mesi. Come mai? 


Perché, come spiego in questo articolo, a quell’età il piccolo difficilmente ha maturato i requisiti, dei quali parlerò nei prossimi paragrafi, per approcciarsi all’alimentazione complementare.

 

Per essere precisi, bisognerebbe parlare di alimentazione complementare a richiesta, il sinonimo corretto di autosvezzamento.


Qual è la differenza tecnica tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento? Continua a leggere per scoprirlo.

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Svezzamento tradizionale e autosvezzamento: le differenze

Nello svezzamento tradizionale, è la madre - o un altro caregiver - a proporre le classiche pappe. 


Tutto avviene a orari prestabiliti e senza una personalizzazione nel processo di introduzione degli alimenti. Si ha quindi a che fare con una situazione di gestione totale da parte dell’adulto.


Lo svezzamento tradizionale viene iniziato a sei mesi esatti - ma spesso anche molto prima, attorno ai 4/5 - e senza tenere conto dei tempi di maturazione, della reale prontezza e dell’unicità del bambino. 


Inoltre, sin dall’inizio dello svezzamento tradizionale si tende a sostituire una poppata con un pasto completo, quasi sempre il pranzo. 


Si ricorre a tempistiche e modalità prestabilite. 


Come già accennato, lo svezzamento tradizionale prevede l’utilizzo di pappe.


Possono essere preparate in casa oppure già pronte (omogeneizzati o altri prodotti di baby food). 


Ciò è inevitabile perché a 4/5 mesi non si hanno alternative: il bambino non è in grado di gestire consistenze diverse.


Un altro aspetto che caratterizza lo svezzamento classico sono i cosiddetti cronoinserimenti. Di cosa si tratta? 


Dell’introduzione di un cibo per volta con tempi dettati da indicazioni schematiche. 


Ricordo altresì che lo svezzamento classico inizia con le pappe liquide, passa poi a quelle semi liquide, ai pezzetti piccoli fino ad arrivare, con il tempo, al cibo normale.


Cosa si intende, invece, per autosvezzamento? In Italia, questo termine è stato utilizzato per la prima volta dal pediatra umbro Lucio Piermarini. 


La parola italiana prende spunto dal termine anglosassone baby-led weaning, che si può tradurre alla lettera con “svezzamento guidato dal bambino”.


Il termine anglosassone rende alla perfezione la situazione e ci fa capire che, per un autosvezzamento perfetto, il caregiver adulto deve assumere un ruolo marginale. 


Il vero protagonista deve essere il piccolo: è lui che guida nel percorso di introduzione dei cibi. 


L’adulto deve dargli fiducia, supervisionare e proporre sempre un’alimentazione il più possibile varia e sana.


Di quest’ultimo argomento e dei consigli su come tagliare i cibi in sicurezza parleremo meglio nel corso dell’articolo (per informazioni ancora più approfondite, puoi fare riferimento al videocorso della Dottoressa Dell’Oro).


 Negli ultimi anni, dei benefici dell’autosvezzamento si parla con dovizia. 


Nonostante questo, però, non si forniscono sempre alle famiglie gli strumenti giusti per gestirlo. 


Ecco perché, ancora oggi, molti genitori lo temono e lo considerano una scelta alternativa, quasi un po’ hippy.

Niente di più sbagliato!


L’autosvezzamento non ha nulla di strano: si tratta di ciò che le linee guida scientifiche suggeriscono per l’alimentazione complementare del bambino. 


Questo percorso non prevede tabelle rigide e neppure pappine.


Presupponendo che i genitori abbiano un’alimentazione sana e che conoscano i tagli sicuri e le consistenze adeguate per proporre un determinato cibo al bambino, l’autosvezzamento prevede che il piccolo mangi gli stessi alimenti degli adulti. 


Nel suo videocorso, la Dottoressa Dell’Oro mostra quanto può essere facile preparare piatti salutari e bilanciati, adatti sia alle esigenze dei genitori sia a quelle del bambino.


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I requisiti per iniziare l'autosvezzamento

Prima di approfondire qualsiasi ricetta, bisogna conoscere bene i principi dell’autosvezzamento.


Il primo riguarda il momento perfetto per iniziare. 


Si dovrebbe partire con l’autosvezzamento quando l’intestino del piccolo è sufficientemente maturo e quando lui ha acquisito le competenze psicomotorie necessarie all’introduzione e alla gestione dei cibi solidi.


Come sottolineato sia dall’OMS, sia dalle principali associazioni pediatriche mondiali, il bambino raggiunge queste competenze attorno ai sei mesi circa.

 

Le competenze fondamentali per iniziare l’autosvezzamento, che sviscererò nel dettaglio in uno dei prossimi paragrafi, possono essere riassunte nel seguente elenco:


  • Perdita del riflesso di estrusione, ossia della tendenza ad allontanare con la lingua i corpi estranei che vengono avvicinati alla bocca;
  • capacità di stare seduto senza ingobbirsi troppo e con l’aiuto di pochi supporti;
  • padronanza della presa palmare;
  • palese interesse verso il cibo che la mamma e il papà assumono.

Torniamo un attimo alle caratteristiche differenzianti dell’autosvezzamento rispetto allo svezzamento tradizionale, facendo presente che, nel primo caso, si comincia proponendo al bambino piccoli assaggi durante i pasti della famiglia.


Il latte non viene sostituito di colpo con una pappa già pronta, somministrata imboccando passivamente il piccolo. 


Al contrario, viene affiancato da assaggi che diventano sempre più consistenti.


I benefici dell'autosvezzamento

Quali sono i benefici dell’autosvezzamento? Tutti i nutrizionisti che si occupano di alimentazione infantile si sono sentiti fare, almeno una volta, questa domanda.


L’alimentazione complementare a richiesta incentiva l’autonomia del bambino, espone a una dieta sana e varia e rispetta le sensazioni del piccolo. 


I vantaggi non finiscono qui! L’autosvezzamento, infatti, introduce il piccolo a un’esperienza tattile e manipolativa completa. 


Inoltre, nel momento in cui si mette il bambino nelle condizioni di masticare fin dai suoi primissimi contatti con alimenti diversi dal latte materno, si favorisce la crescita dei muscoli del suo faccino e della bocca. 


Il risultato? Una miglior formazione del palato e della mandibola.


Inoltre, in questo modo si dà un boost allo sviluppo di altre funzioni svolte dalla bocca, nello specifico deglutizione, linguaggio e respirazione.


Se si propongono al piccolo, in fase di autosvezzamento, le polpette molli, lui non è stimolato a imparare a masticare e a triturare il cibo, muoverlo con la lingua e deglutirlo. 


Il piccolo semplicemente ciuccia la pappa e la deglutisce, senza attivare la muscolatura della bocca. Si tratta, a tutti gli effetti, di una sorta di risucchio.


Nel momento in cui, invece, in autosvezzamento si propongono al bambino cibi solidi, ovviamente con tagli sicuri e consistenze adeguate, il piccolo è stimolato a sviluppare la muscolatura della bocca e della mandibola, a muovere la lingua attivamente per gestire il cibo. 


Ciò vuol dire sia masticarlo, sia spostarlo da una guancia all’altra e deglutirlo.


I benefici dell’autosvezzamento sono davvero tanti e vanno ben oltre a quanto ho appena illustrato! 


Da non dimenticare, infatti, è anche la possibilità di abituare prima il bambino alle consistenze solide. 


Capita spesso, infatti, che piccoli svezzati con l’approccio tradizionale facciano fatica, attorno ai 9/10 mesi, ad abituarsi a cibi solidi e con consistenze differenti rispetto a quella della pappa.


Nelle righe precedenti, ho fatto cenno all’autonomia. Decliniamo meglio questo concetto. 


Quando la si chiama in causa in merito all’autosvezzamento, si parla innanzitutto di autonomia nell’approccio con il cibo.


Il bambino è libero di afferrarlo con le mani o con le posate e di portarlo alla bocca.


Si tratta di una vera e propria forma di esplorazione del mondo. L’autonomia riguarda anche le quantità di cibo mangiato. 


Non bisogna temere che, con l’autosvezzamento, il piccolo perda la sua preziosa autoregolazione. 


Come più volte ripetuto in queste righe, infatti, si parla sempre di un processo a richiesta.


Questo approccio è considerato uno dei migliori alleati per la prevenzione di sovrappeso e obesità nei primi due anni di vita, nonché un modo per gettare le basi di un sano rapporto con il cibo durante l’età adulta.


L’autonomia riguarda anche i gusti. Il bambino, infatti, sceglie anche cosa mangiare. 


Compito del genitore è portare in tavola piatti sani e completi.


L’obiettivo è quello di permettere al piccolo di scegliere cosa assaggiare senza andare incontro a carenze nutrizionali.


Più si sperimenta nelle fasi di avvio dell’autosvezzamento, più diventa facile superare le fasi di selettività, che non si presentano prima dei 18 mesi.


Attraversata da quasi tutti i bambini, la fase di selettività li vede smettere di considerare il cibo che viene loro presentato nel piatto come ugualmente interessante. 


Si tratta di un momento fisiologico. In alcuni casi, però, è più accentuato.


Le basi gettate durante l’autosvezzamento - nonché il rapporto sereno che i caregiver hanno con il cibo - aiutano tantissimo a superarlo in maniera agevole.

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Paure e falsi miti sull'autosvezzamento

Come ricordato nelle righe precedenti, quando si parla di autosvezzamento in una conversazione comune, ci si trova davanti, quasi sempre, all’esternazione di numerose preoccupazioni da parte delle persone che si hanno intorno.


In questa parte dell’articolo, ti guiderò alla scoperta di alcuni falsi miti sull’alimentazione complementare a richiesta, cercando di sfatarli per darti modo, se vorrai, di iniziare l’autosvezzamento del tuo bimbo con il sorriso.

Soffocamento

Come ricordato anche dalla Dottoressa Dell’Oro nel corso del suo preziosissimo corso sul tema di questo articolo, quando si discute con i neo genitori di autosvezzamento, uno dei principali timori che vengono messi in primo piano è quello del rischio di soffocamento. 


Si tratta di un rischio reale? Ci sono due modi per prevenirlo. Ecco quali:

  1. Prevenzione primaria: in questo caso, al centro dell’attenzione troviamo il fatto di offrire al piccolo cibo di consistenza adeguata, indi facilmente masticabile dal bimbo e tagliato in sicurezza. Dei tagli sicuri - comunque approfonditi nel corso della Dottoressa Dell’Oro - si parlerà più avanti. Posso in ogni caso anticipare che la forma adeguata dei pezzi di cibo da proporre al piccolo deve essere affine a quella del dito medio di un adulto. Inoltre, il pezzo di cibo deve essere morbido al tatto e schiacciabile tra due dita. Giusto per fare un paragone noto a tutti, faccio presente che la consistenza deve essere simile a quella di una banana o di una zucchina lessa. Focalizzandosi su una consistenza semi morbida e sulla forma sottile, è possibile evitare facilmente il soffocamento. Nel contempo, si permette al bambino di imparare a masticare e a deglutire in modo corretto.

  2. Prevenzione secondaria: la prevenzione secondaria è quella che chiama in causa l’importanza, da parte di chiunque si occupi di un bambino, di seguire un corso di disostruzione pediatrica (qui puoi trovare quello video curato dalla Dottoressa Pilar Nannini, pediatra).

 Molto importante è ricordare che, nella maggior parte dei casi, le criticità legate all’ostruzione pediatrica - che ribadisco è fondamentale imparare a gestire - si verificano nella fascia di età compresa tra i 2 e i 4 anni.


Si tratta di un periodo in cui lo svezzamento è già terminato. 


Per evitare il soffocamento, è nodale che il bambino sia sempre supervisionato da un adulto. Mai e poi mai va fatto mangiare da solo. 


Inoltre, non bisogna imboccare il cucciolo senza il suo consenso o infilargli in bocca pezzi di cibo per farlo mangiare di più. 


Se si utilizza il cucchiaino, bisogna aspettare che sia il piccolo a chiedere che gli venga avvicinato alla bocca. 


Essenziale è altresì distinguere il momento del pasto da quello ludico: mentre si mangia non si cammina, non si gioca, non si corre.


Altra regola imprescindibile: durante il pasto, non si guardano schermi. Rammento altresì il fatto di non dare mai da mangiare al piccolo mentre ci si trova sulla macchina in movimento.

L'autoregolazione nel neonato

Un’altra paura molto diffusa tra i neo genitori che stanno valutando se scegliere o no l’autosvezzamento riguarda il pensiero che il bambino non riesca a regolarsi dal punto di vista delle quantità. 


Prima di entrare nel vivo dei motivi per cui non è il caso di avere questo timore faccio presente che, nel primo anno di vita del piccolo, il latte materno rimane l’alimento principale, in grado di sopperire senza problemi a quanto non si riesce ad assumere attraverso i cibi solidi.


Lo svezzamento classico permette di introdurre porzioni più grandi fin da subito, su questo non ci sono dubbi. 


C’è però un perché: le pappe, nel caso appena menzionato, hanno lo scopo di sostituire le poppate. 


Gli assaggi dell’autosvezzamento, invece, sono un’integrazione al latte materno o formulato.


Nel momento in cui si propongono cibi sani, le preoccupazioni sulle quantità in fase di autosvezzamento non hanno ragione d’essere. 


I bimbi, infatti, hanno una capacità di autoregolazione meravigliosa, molto più affinata rispetto a quella di noi adulti.


Non dimentichiamo infatti che, man mano che si va avanti con l’età, a causa dello stile di vita scorretto e dello stress si perde la capacità di ascoltare i segnali di fame e di sazietà del nostro corpo.


Se il piccolo viene imboccato con le pappe, fa molta fatica a entrare in contatto con il suo senso di sazietà.


Ecco perché i genitori devono mettere in primo piano la fiducia ed essere consapevoli che il loro bimbo è in grado di regolarsi. 

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La proposta di pasti completi

Cosa dire, invece, quando si chiama in causa il luogo comune secondo il quale l’autosvezzamento non sarebbe garanzia di pasti completi


Una cosa molto semplice: è naturale che, all’inizio di questo meraviglioso processo, non lo siano affatto. 


Se il primo assaggio consiste nell’ingestione di un singolo fusillo o di un pezzetto di broccolo, va benissimo così. 


Sì, per una persona adulta un singolo fusillo è poco. Il piccolo, invece, ha fatto tantissimo.


Fermiamoci un attimo a riflettere per renderci conto di che cosa vuol dire per lui entrare in contatto con un alimento solido, esplorarlo, manipolarlo e deglutirlo, magari sperimentando anche il gag reflex (di cui parlerò in maniera approfondita nel prossimo paragrafo). 


Chi pensa sia poco, può fare il paragone con un’ora di palestra per una persona adulta. 


Qualsiasi adulto rimane sorpreso nell’accorgersi quanto, in una sola settimana, il piccolo è in grado di ampliare tantissimo la sua finestra di sapori. 


Solo quando gli assaggi saranno consistenti, formando un vero e proprio pasto, arriverà il momento di preoccuparsi di fornire al cucciolo, nel piatto, la varietà di nutrienti di cui avrà bisogno. 


L’autosvezzamento non è solo un terreno formativo unico per il neonato, ma anche un’occasione, per mamma e papà, di riflettere sulla qualità della propria alimentazione


Se al piccolo devono essere proposti i medesimi alimenti che consumano gli adulti, questi ultimi devono essere, al netto dei tagli sicuri, sani, vari, portati in tavola dopo essere stati sottoposti a preparazioni semplici. 


Farsi domande in merito - e procedere, anche con l’aiuto di un professionista specializzato, alla correzione delle abitudini poco salutari - è un’opportunità senza pari, una palla da cogliere al balzo per essere protagonisti, assieme al proprio piccolo, di un percorso in cui il piacere del gusto e l’attenzione al benessere viaggiano paralleli. 


Se si inizia con lo svezzamento tradizionale pensando di riuscire, così facendo, a non interrogarsi in maniera profonda sull’approccio che si ha, come persone adulte, all’alimentazione, si compie un grave errore


Il piccolo, infatti, non mangerà pappette a lungo. 


A 8/9 mesi, dovrà per forza introdurre nella propria quotidianità alimentare dei cibi solidi.

La differenza tra GAG Reflex e soffocamento

Nelle righe precedenti, ho fatto cenno al GAG Reflex, altrimenti noto come riflesso faringeo. Che differenza c’è rispetto al soffocamento? 


I genitori che vogliono approcciarsi con il giusto bagaglio informativo al mondo dell’autosvezzamento, non possono non conoscere la risposta a questo interrogativo. 


Nei paragrafi che hai appena letto, hai avuto modo di scoprire che, grazie alle giuste accortezze, è possibile non preoccuparsi del rischio di soffocamento del piccolo durante il consumo dei pasti.


Nel corso dei primi assaggi, è possibile notare, da parte del bimbo, dei piccoli conati di vomito. Tutto normale! Si tratta del cosiddetto GAG Reflex, noto anche come riflesso faringeo (ben diverso dal soffocamento).


Cos’è? Come mai è importante che ci sia? Il GAG Reflex è un riflesso, ossia una risposta innata da parte del cucciolo. 


Si palesa nel momento in cui un cibo solido o semi solido finisce troppo velocemente in fondo alla bocca


La faringe si chiude e insorge il sopra citato conato di vomito. Il suo scopo è quello di evitare che il pezzetto di cibo troppo grosso si instradi in un percorso errato. 


Viene quindi riportato avanti, così da obbligare il piccolo a masticarlo meglio prima di deglutirlo.


Le prime volte che il piccolo assaggia un cibo solido o disomogeneo, è possibile notare una smorfia, un piccolo conato di vomito.


Essenziale è essere consapevoli del fatto che difficilmente è seguito da vero vomito


Il genitore, istintivamente, può essere portato a preoccuparsi, ma come già detto non deve. 


Basta attendere quei tre - massimo cinque - secondi per vedere la situazione normalizzarsi.


I motivi per cui l’adulto che si trova davanti al GAG Reflex del proprio bimbo in fase di autosvezzamento dovrebbe star tranquillo sono due:

  • Se sono stati proposti alimenti della giusta consistenza e con tagli sicuri, il rischio di soffocamento si abbassa notevolmente;

  • il bambino vive delle emozioni dei genitori. Se li vede agitati e impauriti mentre mangia, non si sentirà mai al sicuro e incoraggiato in quello che è uno dei percorsi di scoperta più importanti e affascinanti della vita.

Un aspetto sul quale gli esperti in nutrizione infantile e in autosvezzamento tengono molto a porre l’accento riguarda il fatto che lo svezzamento classico non evita il GAG Reflex, bensì lo posticipa.


Bisogna poi tenere conto del fatto che il riflesso faringeo, importante strategia che il corpo mette in atto per aiutare il bambino a masticare bene il cibo,  è molto vivo tra i 6/7 mesi, ma che tende a scomparire man mano che il piccolo acquisisce esperienza con diversi cibi.

Le competenze psicofisiche per l'inizio dell'autosvezzamento

Come promesso, nei prossimi paragrafi parlerò in maniera approfondita dei requisiti che il piccolo deve soddisfare per poter iniziare l’alimentazione complementare a richiesta.


 Si tratta di un tema importantissimo. Comprensibilmente, tutti i neo genitori che vogliono approcciarsi all’autosvezzamento si fanno domande su come riconoscere le competenze che il piccolo deve sviluppare per iniziare quello che è un percorso affascinante e ricco di emozioni.


Le competenze necessarie per l’inizio dell'autosvezzamento iniziano, in media, a palesarsi attorno ai sei mesi.


Ci sono bimbi che le maturano qualche settimana prima e altri che, invece, ci arrivano qualche settimana dopo. 


Ogni piccolo ha i suoi tempi e gli adulti devono ricordarsi che non c’è alcuna fretta.


Dopo questa premessa, possiamo entrare nel vivo dei requisiti veri e propri. 


Perdita del riflesso di estrusione

Il riflesso di estrusione è il movimento spontaneo che il lattante fa nel momento in cui si sfiora la sua bocca con un oggetto, per esempio con un cucchiaino.


Se si prova ad avvicinarne uno al bimbo attorno ai 5 mesi, si noterà che il piccolo tira fuori la lingua quasi a volerlo respingere. 


Nulla di strano: si tratta, infatti, di un movimento che il bimbo è abituato a fare per prendere meglio il capezzolo o la tettarella del biberon.


Se si inserisse del cibo nella bocca di un lattante, gli verrebbe spontaneo sputarlo estrudendo la lingua.


Questo non significa che non apprezzi l’alimento. Semplicemente non è pronto ad accoglierlo e deglutirlo.


Ecco perché, quando si inizia con le pappe e con gli omogeneizzati a 4 o 5 mesi, è automatico notare, da parte del piccolo, una notevole fatica nel gestirli.


A causa del riflesso di estrusione, ne sputerà fuori un po’ e l’adulto si troverà costretto a raccogliere la pappa con il cucchiaino, rimettendogliela in bocca.


Se si attendono i sei mesi circa, ci si può accorgere che questo riflesso scema automaticamente. 


Ciò vuol dire che il bambino non è solo in grado di portare alla bocca il cibo, ma anche di deglutirlo.

Padronanza della presa palmare

Per dare il via all'autosvezzamento, è essenziale che il piccolo sia in grado di  afferrare i cibi con il palmo della mano aperto e portarseli alla bocca.


Le dita, con la presa palmare, vengono mosse come se fossero un blocco unico e gli oggetti e/o pezzi di cibo vengono raccolti dal piccolo nel palmo della mano.

Capacità di stare seduto senza ingobbirsi eccessivamente

Attenzione: non bisogna aspettarsi che, a 6 mesi, il bambino stia seduto perfettamente senza supporti.


Il piccolo acquisisce in maniera piena questa competenza quando impara a gattonare, ossia attorno ai 7 - 8 mesi di vita circa (lo spiego bene nel videocorso From Zero to Hero). 


Il tono muscolare che il piccolo raggiunge attorno ai 6 mesi di età gli permette, nella maggior parte dei casi, di stare seduto senza ingobbirsi con l’aiuto di un supporto. 


Se si iniziasse lo svezzamento in un bambino di 4 mesi, posizionandolo reclinato nella sdraietta o seduto, sarebbe certamente molto più difficile oltre che scomodo e pericoloso. 

Interesse verso i cibi consumati dagli adulti

L'interesse verso i cibi consumati dai caregiver adulti è un altro requisito importante per iniziare l'autosvezzamento.


A tal proposito, è bene rammentare che, in casi in cui il piccolo, quando è in braccio, protende le braccine verso il piatto di mamma o papà, manifesta questo interesse non perché abbia fame.


Si tratta di un comportamento messo in atto con il semplice, se così si può dire, scopo di imitare le azioni dei caregiver di riferimento.


Per arrivare a questa situazione, è molto importante condividere, fin dalla più tenera età dei propri figli, i momenti del pasto con loro. 


Dai primi mesi di vita, è utile posizionarli nella sdraietta in modo da permettere loro di osservare i genitori che mangiano e di partecipare, per quello che possono, al momento di condivisione (il cibo non è solo nutrimento fisico, ma anche socialità e convivialità). 


Dai 4 mesi, è possibile iniziare con piccolissimi assaggi per avvicinare sia i genitori, sia il bambino al meraviglioso mondo dell’autosvezzamento. 


Cosa si intende per “piccolissimi assaggi”? Sporcare un dito con il sugo della pasta e avvicinarlo al bambino, che lo leccherà (lecca perché, a quell’età, è ancora presente il riflesso di estrusione).


In questo modo, comincerà a compiere i suoi primi passi nel sorprendente percorso di (ri)scoperta dei sapori (come ho avuto modo di ricordare in questo articolo, li ha già in qualche modo apprezzati nella pancia della mamma).

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Dentini e autosvezzamento: sono necessari?

Non si contano i neo genitori preoccupati di non poter offrire cibi solidi al proprio piccolo perché il cucciolo non ha ancora messo i denti.


La risposta è molto semplice: il bambino può masticare alla perfezione con le gengive molari.


Non è necessario che siano già spuntati i primi dentini.


Ricordo a tal proposito che i primi denti a fare la loro comparsa sono gli incisivi inferiori, che non servono a triturare il cibo.


I molari spuntano attorno ai 16 - 19 mesi di vita, quando il bambino ha già iniziato lo svezzamento da un anno circa. 


Non bisogna quindi preoccuparsi di proporre consistenze solide in autosvezzamento.


Quello che conta, è che siano facilmente masticabili con le gengive.


Qualche esempio? La zucchina lessa e la banana schiacciata. Pollice verso, invece, per la consistenza della carota cruda.

Allergie e autosvezzamento

In passato, il gold standard tra gli esperti di nutrizione della prima infanzia prevedeva il fatto di ritardare l’introduzione dei principali alimenti allergizzanti (uova, pesce, frutta secca).


Questo approccio veniva concretizzato con l’intenzione di prevenire le allergie stesse. 


La scienza è per fortuna andata avanti e, oggi come oggi, sappiamo che non esistono prove empiriche tali da giustificare le cosiddette diete di eliminazione.


Questo vale anche per i bambini considerati ad aumentato rischio di sviluppo di allergie (parliamo soprattutto dei figli o dei fratelli di persone allergiche).


La letteratura scientifica moderna raccomanda di non ritardare e non evitare l’introduzione di cibi allergizzanti


Resta comunque valido il consiglio di procedere con cautela nel loro inserimento.


In questo modo, risulta più agevole l’individuazione di eventuali allergie (soprattutto se i genitori ne soffrono).


Per quanto riguarda il glutine, le raccomandazioni dell’ESPGHAN sono molto chiare: bisogna evitare sia l’introduzione anticipata, ossia prima dei quattro mesi, sia quella tardiva, dopo i sette.


L’optimum prevede il fatto di procedere gradualmente, possibilmente quando il bambino è ancora allattato.


Questo approccio riduce il rischio di celiachia, diabete mellito di tipo I, allergia al frumento.

allergie in autosvezzamento

Autosvezzamento e microbiota del bambino

Come specificato in questo articolo dedicato all’alimentazione in gravidanza, il microbiota del piccolo è profondamente influenzato dallo stile di vita della mamma. 


Successivamente, entrano in gioco fattori come la tipologia di parto - vaginale o cesareo - e il modo in cui il bambino viene nutrito, se al seno o con latte formulato. 


La ricerca ha dimostrato che, nel corso del primo anno di vita del piccolo, avvengono i cambiamenti più significativi a livello del microbiota.


La completa colonizzazione dei tratti da parte dei microbi, però, si concretizza attorno ai tre anni. 


Per far sì che il microbiota del proprio cucciolo venga supportato nel modo giusto nella sua crescita, i genitori dovrebbero, in fase di scelta dei cibi in autosvezzamento, considerare l’importanza e la varietà di quelli di origine vegetale.


Anche negli adulti, il fattore predittivo della salute del microbiota intestinale risiede nella diversità e nella qualità degli ortaggi consumati.


I genitori hanno chiaramente un ruolo importantissimo: ogni pasto che viene proposto al bambino durante le varie fasi dell’autosvezzamento è infatti una straordinaria opportunità di sviluppo corretto per il suo microbiota.


A tal proposito, il consiglio è quello di evitare il più possibile pesticidi chimici, antibiotici e altre sostanze che alterano il sistema endocrino


Per rendersi conto di quanto il microbiota sia importante per la salute del piccolo, è utile fare un veloce ripasso di alcune delle funzioni che svolge. Ecco le principali:

  • Supporta la digestione e il metabolismo;

  • attiva il sistema immunitario;

  • sostiene lo sviluppo del cervello del neonato.

Concentrandoci su quest’ultimo aspetto, è utile ricordare che la qualità del microbiota può influenzare più o meno direttamente ansia, umore, socialità


Abbiamo appena visto che, per la costruzione del microbiota, gli alimenti di origine vegetale sono non importanti, di più. 


Capita spesso, però, che i bambini rifiutino gli ortaggi. Come dovrebbe comportarsi un genitore in questi casi?

Cosa fare per far accettare al piccolo le tanto temute verdure?


Innanzitutto, è il caso di fermarsi un attimo a riflettere. A quante mamme e quanti papà è capitato di pensare che questo comportamento possa essere influenzato proprio dagli adulti che il piccolo ha intorno quotidianamente? 


Gli studi di questi ultimi anni sono molto chiari: per favorire l’accettazione di verdure e di altri cibi spesso poco tollerati, è opportuno esporre i bambini ai suddetti alimenti attraverso la spesa, la manipolazione, la cucina, il gioco.


Non sono mai troppo piccoli per iniziare a familiarizzare con le verdure. Portateli quindi in cucina con voi senza paura e divertitevi assieme!


Inoltre, è fondamentale essere un modello quando arriva il momento dell’atto pratico di consumo del cibo.


Se la mamma o il papà per primi arricciano il naso davanti a un piatto d’insalata, il bambino nei suoi primi approcci all’alimentazione diversa dal latte, imiterà questo comportamento. 


La scienza ha altresì portato alla luce la centralità del papà, che viene osservato molto di più a tavola dai bambini. 


Essenziale è avere fantasia e cercare di proporre lo stesso alimento in consistenze e abbinamenti diversi.


La natura, il che è una buona notizia, ci aiuta in questo arduo compito. In che modo? Attraverso meccanismi sorprendenti come quello della finestra dei sapori. Di cosa si tratta?


Come dice l’espressione stessa, di un periodo durante il quale è più facile che i bimbi accettino sapori differenti.


Questa finestra solitamente si apre attorno ai 4 mesi e si chiude verso i 18. L’obiettivo dei genitori? Esporre i bimbi, in questo lasso di tempo, al maggior numero possibile di gusti. 


Una volta chiusa la finestra dei sapori, il lavoro diventa più difficile. 


Per dare qualche parametro numerico utile a capire con che cambiamento si ha a che fare, ricordo che un bambino di 4 anni può impiegare fino a 15 assaggi per farsi piacere un determinato cibo. 


Nel corso del periodo della finestra dei sapori, invece, ce ne vogliono dai 5 ai 10. Una bella differenza, vero?

Piatti e posate in autosvezzamento: come scegliere i materiali

Per un percorso di autosvezzamento all’insegna della serenità e della sicurezza, è fondamentale concentrarsi non solo sulla varietà dei sapori e sui tagli e consistenze sicuri, ma anche sui materiali dei piatti e delle posate.


Con questo paragrafo, facciamo un piccolo salto nel mondo, estremamente complesso, delle sostanze tossiche e degli interferenti endocrini. 


Purtroppo, li troviamo in una marea di oggetti destinati all’alimentazione dei piccoli. 


Per rendersene conto, basta pensare ai numerosi piatti colorati, ma anche ai biberon di plastica.


Sempre più studi collegano l’insorgenza di patologie come l’autismo o le diagnosi di disturbo da deficit dell’attenzione con l’esposizione agli interferenti endocrini. 


Di cosa si parla quando li si chiama in causa? In questo caso, ci aiuta la definizione ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità. 


Ecco cosa dice:

“Un Interferente Endocrino è una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione”.


A questo punto, è naturale chiedersi quali piatti e quali posate comprare per iniziare al meglio l’autosvezzamento. 


La buona notizia è che, in alcuni casi, si può partire anche senza comprare nulla. Se si ha un seggiolone con tavolino, è possibile utilizzare quest’ultimo per presentare gli assaggi al proprio cucciolo.


Essendo anche lo spazio del vassoio più ampio rispetto a quello del piatto standard, il piccolo ha modo di avere un’esperienza tattile più completa e di divertirsi maggiormente.


Se, invece, il seggiolone non ha il vassoio, all’inizio dello svezzamento è importante acquistare dei piatti. 


Come già detto, è bene evitare i piatti colorati in plastica. 


Ci si può invece focalizzare su quelli in silicone o sui piatti in bambù. In commercio esistono piatti con diversi scomparti, che possono essere utilizzati per dividere i cibi a seconda dei nutrienti.


In questo video, la Dottoressa Federica Dell’Oro spiega chiaramente le proporzioni che devono esserci tra carboidrati, fonti proteiche e alimenti che apportano fibre. 


Per tutti gli alimenti è ovviamente sottintesa l’indicazione della presentazione a seguito di un taglio sicuro e della scelta della consistenza giusta (gli ortaggi, per esempio, è fondamentale che siano morbidi).


Cosa dire, invece, in merito alle posate? Che, nonostante l’autosvezzamento preveda che il bambino giochi con i cibi manipolandoli, esistono diversi alimenti con i quali questo approccio non è possibile (p.e. Il riso). 


Come muoversi in questi frangenti? In questo caso, si possono utilizzare dei cucchiaini. 


Attenzione: non bisogna imboccare il bambino. Il caregiver deve semplicemente precaricare la posata sopra citata e aiutare il piccolo a portarla alla bocca.


Che tipo di cucchiaini scegliere? Quelli in silicone, che sono molto morbidi, vanno benissimo.


Un consiglio tanto semplice quanto utile per aiutare il proprio cucciolo a familiarizzare con queste posate prevede il fatto di proporgliele già prima che sia pronto per lo svezzamento.


In che modo? Chiaramente con un approccio ludico e includendoli nella routine quotidiana di gioco.


Per quel che concerne invece la forchetta, che il bambino utilizza dopo aver sviluppato già una certa confidenza con gli alimenti, è importante che i rebbi siano in acciaio (con materiali diversi, sarebbe molto difficile infilzare gli alimenti in maniera efficace).


E il bicchiere? All’inizio dell’autosvezzamento, essendo la gran parte dell’alimentazione del piccolo ancora composta da latte materno o formulato, l’acqua non serve. 


Molto utile, però, è aiutare il piccolo a familiarizzare con il bicchiere. In questo caso, va benissimo uno in silicone.


 In alternativa, si può utilizzare una tazza di piccole dimensioni con manici che possano essere afferrati dal piccolo.


Per quando si è fuori casa? Una borraccia, meglio se con il coperchio che si trasforma in bicchiere.

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Autosvezzamento vegetariano: è possibile?

Avviare un percorso di autosvezzamento vegetariano per il proprio piccolo è possibile? 


Per rispondere a questa domanda, è necessario fare una precisazione: più che di alimentazione vegetariana, bisognerebbe parlare di dieta latto-ovo-vegetariana. 


Secondo l’American Academy of Nutrition and Dietetics e secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana, la risposta alla sopra menzionata domanda è affermativa. 


L’autosvezzamento vegetariano è possibile. 


Quello che conta è che l’alimentazione sia bilanciata e che si proceda all’integrazione della vitamina B12 (cianocobalamina), fondamentale per la divisione cellulare e per l’efficienza del sistema nervoso.


Come funziona l’autosvezzamento vegetariano


Inizio ricordando che, come nel caso di quello onnivoro, devono essere presenti tutti i gruppi alimentari. Spazio quindi a carboidrati, lipidi, proteine e (poche) fibre.


 Carne e pesce possono essere tranquillamente sostituiti con i legumi, le uova, i formaggi. Con che frequenza? Ecco uno schema che ti invito a tenere sempre con te:

  • Uova: due volte alla settimana;

  • formaggi: due volte alla settimana;

  • legumi: dieci volte alla settimana.

Per quanto riguarda i grassi, rammentiamo l’importanza di essere generosi nelle quantità di olio a crudo.


Il motivo è legato al fatto che i legumi, rispetto a carne e pesce, hanno una quantità di lipidi inferiore. 


Oltre all’olio extra vergine di oliva, è possibile utilizzare quello di semi di lino, ricco di omega 3. 


Come quando si parla dell’autosvezzamento onnivoro, anche nel caso di quello vegetariano è opportuno moderare l’apporto di fibre.

 

Dal momento che la dieta latto-ovo-vegetariana è particolarmente ricca di questi nutrienti, è importantissimo offrire al proprio cucciolo solo cereali raffinati e legumi decorticati o passati. 


Tra i legumi è possibile includere anche i derivati della soia, in primis tofu e tempeh. Fondamentale è acquistarli naturali e cucinarli in modo semplice. 


In generale, è bene evitare alimenti processati come affettati vegani, seitan, burger o cotolette già pronte.

Consigli per un autosvezzamento vegano semplice e salutare

Cosa si può dire, invece, dell’autosvezzamento vegano?


Prima di tutto che, come molti sanno, si basa sull’esclusione totale di qualsiasi alimento di origine animale, uova e latticini compresi. 


In questo frangente, la fonte proteica è sempre rappresentata dai legumi.


L’alimentazione vegana, se non correttamente bilanciata, può portare a carenze di ferro, calcio, zinco, DHA, vitamina B12. 


Alla luce di ciò, è consigliabile offrire alcuni alimenti con maggior frequenza rispetto ad altri.


Nel caso del ferro, è bene sottolineare che quello presente negli alimenti di origine vegetale è in una forma poco biodisponibile. 


Si tratta del cosiddetto ferro non eme (o non emico).


Si parla di preciso di una forma di ferro legato a proteine di deposito, tra le quali è possibile includere la ferritina. 


Per aumentare la sua biodisponibilità, è fondamentale affiancare l’assunzione degli alimenti che lo contengono a fonti di vitamina C (mandarini, arance, succo di limone etc.). 


Cosa dire, invece, del calcio? Che lo possiamo trovare in abbondanza nelle verdure a foglia verde, in particolare nella rucola e nel cavolo riccio. 


Tra le principali fonti vegetali possiamo trovare anche le verdure appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae (cime di rapa, cavolo cappuccio, cavolfiore, cavolo nero etc.).


Da non dimenticare sono anche i semi oleosi, soprattutto quelli di sesamo, ma anche la frutta secca, in particolare le mandorle. 


Il calcio può essere altresì trovato in alcuni legumi, ceci e cannellini in primis.


Quali sono, invece, gli alimenti da includere per assicurare, durante l’autosvezzamento vegano, un adeguato apporto di zinco al proprio piccolo?


Legumi, semi di zucca, lievito alimentare giusto per citarne alcuni. 


L’ultimo può essere utilizzato al posto del parmigiano per insaporire i primi piatti che si presentano al bambino.


Come muoversi con gli omega 3? L’olio di semi di lino ne è ricco. 


Il suo utilizzo sporadico, però, non consente di coprire il fabbisogno giornaliero necessario durante l’autosvezzamento vegano. 


Per questo motivo, è consigliabile una supplementazione di DHA pari a 100 mg al giorno. 


Per quel che concerne la vitamina B12, ricordiamo che si trova solo negli alimenti di origine animale. 


La scienza ha però ipotizzato la presenza di suoi precursori in alcuni cibi di origine vegetale.


Le quantità, però, non sono sufficienti per lo sviluppo neuro e psicomotorio del bambino.


Alla luce di ciò, è necessaria la supplementazione.


Dai 6 mesi ai 4 anni il dosaggio è di 5 mcg al giorno.


 Dai 4 anni ai 10, invece, la quantità quotidiana quintuplica.


Dai 10 anni in poi, bisogna considerare un dosaggio di 50 mcg (sì, la supplementazione è obbligatoria anche per gli adulti che seguono un’alimentazione vegana).

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Quando termina l’autosvezzamento?

Farsi domande su quando inizia l’autosvezzamento è frequente. 


Non sempre, però, ci si chiede quando termina. 


Quando il bambino ha circa due anni. Con la comparsa dei molari, i genitori possono tirare un sospiro di sollievo: il bambino, infatti, è in grado di triturare anche i cibi più duri. 


Attenzione: questo non vuol dire che è possibile mettere in secondo piano le modalità di proposta del cibo. 


Proprio in questa fascia di età, quando l’adulto abbassa la guardia, aumentano gli episodi di soffocamento. 


Quando si specifica che lo svezzamento 

termina circa a due anni, si intende che, attorno a quell’età, il bambino avrà tutti gli strumenti fisici per gestire qualsiasi consistenza, anche quelle più ostiche.


Molto probabilmente, non avrà la giusta accortezza nel masticare con pazienza gli alimenti.


Si tratta, infatti, di un periodo della vita durante il quale il bimbo tende a ridurre il tempo dedicato al consumo del cibo per dedicarsi ad altre attività. 


Fino ai 4 - 5 anni, quando si propongono cibi duri come la frutta secca, è bene stare molto attenti, ricordando al proprio bimbo di masticare accuratamente.


Un accorgimento pratico prevede il fatto di evitare di proporre i sopra citati alimenti in condizioni in cui è alto il rischio di distrazione, per esempio al parchetto con gli amici o durante una festa.

Gli aspetti pratici dell’autosvezzamento

Fino ad ora, il focus dell’articolo è stato più che altro teorico. 


A questo punto della guida, è arrivato il momento di aprire la parentesi pratica, la più importante


Nelle prossime righe, approfondiremo quindi argomenti come le consistenze dei cibi, i tagli sicuri, i cibi vietati in autosvezzamento.


Una volta che avrai completato la lettura, ti invito a scoprire anche gli esempi di menù, schemi equilibrati sia per il piccolo sia per i genitori, che la Dottoressa Federica Dell’Oro propone nel videocorso.

autosvezzamento

Come scegliere il seggiolone

Cosa serve per iniziare l’autosvezzamento? Ecco una domanda che, quando il piccolo comincia ad avere 2-3 mesi, tutti i neo genitori si pongono. 


La cosa più importante per dare il via al meraviglioso percorso di scoperta dell’alimentazione complementare è un seggiolone adeguato. Ecco le caratteristiche che deve avere:

  • Schienale rigorosamente verticale e non reclinato (in questo modo, il piccolo rimane ben dritto e non semisdraiato, aspetto fondamentale per prevenire il rischio di soffocamento);
  • presenza di un poggiapiedi ad altezza regolabile, così da permettere ai piedi del bambino, a seconda della lunghezza delle sue gambine, di rimanere pienamente appoggiati. Si tratta di un dettaglio essenziale per permettere alle ginocchia e alle anche di rimanere flesse a 90°;
  • presenza di una cintura di contenimento anteriore.

Per quanto riguarda il vassoio, la scelta è a discrezione del genitore. 


C’è chi prende un seggiolone che lo ha e chi, invece, sceglie soluzioni agevolmente regolabili in altezza in modo da consentire al bambino di arrivare senza problemi al piano del tavolo.


Se si opta per un seggiolone con vassoio integrato, è importante che quest’ultimo arrivi all’altezza dei gomiti del piccolo. 


Nei casi in cui il seggiolone non ha il vassoio, è obbligatorio, fin dai primi assaggi, l’utilizzo del piatto. Come accennato nei paragrafi precedenti, l’optimum è il ricorso a piatti in silicone o in bambù. 


Apriamo ora la parentesi delle posate. Devono essere usate per forza in autosvezzamento? 


No. Dipende tutto da quale cibo si propone al bambino. 


La soluzione migliore è il ricorso ai cucchiaini pre-spoon e alle posate in silicone. Passati i primi mesi di autosvezzamento, si può passare alle posate in acciaio.


Utilizzo delle posate in autosvezzamento

Soffermarsi sull’utilizzo delle posate in autosvezzamento è a mio avviso importante in quanto, negli ultimi anni, diversi contributi sul tema si sono letteralmente scagliati sul loro ricorso durante l’alimentazione complementare, mettendo in primo piano aspre critiche.


Ecco perché, sia qui sia nel corso specifico sull’autosvezzamento curato dalla Dottoressa Federica Dell’Oro, è presente un capitolo dedicato.


Come mai l’utilizzo delle posate in autosvezzamento è spesso criticato?


Perché, in alcuni casi, viene associato alla pratica di imboccare il bambino. 


Quando si inizia lo svezzamento tradizionale, il bambino viene imboccato passivamente dal genitore e non ha tempo per capire né cosa, né quanto sta mangiando. 


Questo approccio ovviamente non va bene. Il bambino, infatti, deve essere il soggetto attivo in autosvezzamento e avere la possibilità di sperimentare e manipolare.


Il consiglio è quello di non demonizzare le posate in autosvezzamento, ma di utilizzarle in maniera intelligente. 


Nei casi in cui il piatto proposto al piccolo si compone di cibi solidi facili da prendere - un esempio utile da chiamare in causa è quello degli spaghetti al sugo - si può fare tranquillamente a meno delle posate. 


Nelle situazioni in cui, invece, il piatto è composto da riso rosso con lenticchie e zucchine, può rivelarsi utile il ricorso alle posate. 


Quello che conta è lasciare sempre al bambino la possibilità di manipolare il cibo e di portarlo alla bocca. 


L’adulto, dal canto suo, può precaricare il cucchiaino con l’alimento proposto al piccolo - il riso rosso nell’esempio sopra citato - mostrarlo al proprio cucciolo, adagiarlo sul piatto e aspettare che lui manifesti la voglia di mangiarlo.


Può manifestare questo desiderio sia afferrando il cucchiaino, sia prendendo il polso del genitore. 


Il quadro appena tracciato permette di capire facilmente che, anche se vengono utilizzate le posate, il bambino rimane il protagonista principale del pasto, un soggetto attivo. Lui decide cosa, se, quando e quanto mangiare. 


Se si nota che il bambino è particolarmente attratto dalle posate, è possibile acquistarne di più. In questo modo, mentre lui gusta e lecca quello precedentemente precaricato, l’adulto ha la possibilità, senza fretta, di prepararne un altro.


Durante l’autosvezzamento, è possibile trovarsi a utilizzare non solo il cucchiaino, ma anche la forchettina, utile per infilzare la pasta o per avvolgere gli spaghetti. Anche in questo caso, la scelta rispetto all’utilizzo o meno è a discrezione della singola persona.


Nei casi in cui è il genitore ad aiutare il bambino con le posate, è utile l’acquisto, fin da subito, di quelle in acciaio con manico in plastica. 


Come mai? Sia per via del problema, precedentemente menzionato, degli interferenti endocrini, sia perché, nel momento in cui il bambino inizierà a utilizzare da solo la forchetta, gli risulterà più semplice infilzare gli alimenti.

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Come comporre un piatto sano

Più volte, parlando di alimentazione complementare su questi spazi, è stato ribadito che il presupposto per un autosvezzamento sano è un’alimentazione sana per tutta la famiglia.


In questo modo gli stessi cibi - ovviamente con proporzioni e tagli diversi - potranno essere facilmente proposti sia al bambino, sia ai genitori.


Ecco perché è fondamentale sapere come è composto un piatto sano. Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere quello dell’adulto?


  • 50% di ortaggi, ossia frutta e verdura;
  • 30% di carboidrati complessi, ossia i cereali (grano duro, grano saraceno, riso etc.);
  • 20% di proteine (carne, pesce, legumi, formaggi).

A questi nutrienti vanno aggiunti i grassi buoni, provenienti da olio, frutta a guscio, semi oleosi. Il piatto sano del bambino in autosvezzamento è composto dai medesimi alimenti citati poco fa, ma in proporzioni differenti. Ecco tutti i dettagli:


  • 25% del piatto composto da ortaggi;
  • 25% da proteine;
  • 50% da carboidrati complessi.

Anche in questo frangente bisogna considerare l’apporto di grassi buoni (le fonti citate in precedenza vanno benissimo).


Un bambino che scopre il meraviglioso mondo dell’alimentazione complementare a richiesta ha, rispetto all’adulto, un maggior bisogno di grassi e un minor fabbisogno di fibre.


I lipidi sopra menzionati, infatti, sono fondamentali per lo sviluppo


Non è un caso che circa la metà dell’apporto calorico del latte materno sia all’insegna dei grassi. Il genitore, quindi, non dovrebbe avere assolutamente paura di versare un bel cucchiaino d’olio abbondante nel piatto del proprio cucciolo. 


Al contrario, bisogna fare attenzione alle fibre. Questi nutrienti saziano molto, ma non apportano calorie. 


Andrebbero quindi proposte sempre, perché così si abitua il bambino a mangiare verdura fin dalla più tenera età, ma senza esagerare con le quantità. 


Possono essere utilizzate, per esempio, come sugo per un primo, o come assaggi finger food.


Un eccesso di fibre può limitare la crescita del bambino e compromettere l’assorbimento di micronutrienti come il ferro. 


All’inizio, per aiutarsi, si può ricorrere a piatti - mi raccomando del materiale giusto - già divisi in tre parti. Quella più grande va riempita con la fonte di carboidrati. Quelle più piccole, invece, con la fibra e con le proteine.


Chiarite le caratteristiche di un piatto sano sia per il bambino in autosvezzamento, sia per i genitori, arriva il momento di focalizzarsi nel dettaglio sulla gestione specifica dei macronutrienti.


Continua a leggere nelle prossime righe per scoprire quali carboidrati scegliere in autosvezzamento, quali proteine e grassi e gli ortaggi migliori da proporre al tuo piccolo.

Quali carboidrati scegliere in autosvezzamento?

I carboidrati devono costituire la parte preponderante dell’apporto energetico in autosvezzamento.


In Italia, siamo molto affezionati al consumo di frumento - per rendersene conto, basta fare mente locale sulla popolarità del pane e della pizza - ma non dobbiamo dimenticare l’esistenza di una varietà immensa di cereali e pseudocereali che si possono e si devono offrire ai propri piccoli che muovono i primi passi in quello straordinario percorso che è la scoperta dell’alimentazione complementare.


Frumento, riso, mais, orzo, miglio, teff, avena, grano saraceno, quinoa, amaranto: ecco alcune tra le numerose alternative che si possono prendere in considerazione quando si apre il capitolo delle fonti di carboidrati in autosvezzamento.


La parola d’ordine è sempre “variare”! Ovviamente le consistenze devono essere adatte al bambino. Il consiglio è quello di cuocere gli alimenti un po’ di più e di assicurarsi che abbiano una forma sicura in modo da evitare il soffocamento.


Gli abbinamenti che si possono chiamare in causa sono diversi. 


Si può, per esempio, utilizzare dei fiocchi d’avena per preparare il porridge, o ricorrere alla quinoa e al miglio soffiati da mettere nello yogurt e da proporre a colazione o a merenda.


Cosa dire, invece, del risotto con cereali minori, come per esempio il miglio? Che si tratta di un’idea fantastica! Anche farro e orzo si prestano molto bene a essere risottati. 


L’unico contro è che, per un bimbo alle prime armi con l’alimentazione complementare, possono non essere facili da masticare.


Quando arriva l’inverno, il percorso dell’autosvezzamento può essere reso piacevole grazie alla presentazione in tavola di zuppe e vellutate con l’aggiunta del sorgo e della quinoa, senza dimenticare il miglio (va benissimo anche un mix di questi cereali). 


Non dimentichiamoci della polenta, che per molte famiglie del Nord Italia è il piatto simbolo della domenica.


Nei mesi caldi dell’anno, si possono proporre delle colorate insalate di orzo, farro, riso. Buonissimi sono anche i pancake e le piadine, preparati magari con farine alternative.


Come muoversi nei casi in cui si ha poco tempo e, per questo, si opta per la preparazione di una pasta? Tenendo conto dell’importanza di alternare il frumento con cereali come il grano saraceno, l’avena e la segale.


Prima di entrare nel vivo dei consigli sulle migliori proteine da scegliere in autosvezzamento ricordo che, quando si parla delle patate, si inquadra un’ottima fonte di carboidrati. 


Alla luce di ciò, quando le si propone al proprio bimbo è necessario considerarle alla medesima stregua dei cereali e non come delle verdure.

carboidrati in autosvezzamento

Quali proteine scegliere in autosvezzamento?

Come poco fa accennato, parliamo ora delle proteine migliori da includere nella routine alimentare del bambino in autosvezzamento. 


Parte fondamentale del piatto bilanciato, gli alimenti ricchi di questi nutrienti possono essere di origine sia animale, sia vegetale. Lo svezzamento tradizionale prevede il ricorso a omogeneizzati di carne a parmigiano in occasione della maggior parte dei pasti.


La piramide della Società Italiana di Pediatria, però, è molto diversa. 


Cosa dice? Innanzitutto propone il consumo della carne massimo tre volte a settimana.


Il pesce, invece, andrebbe portato in tavola 3 - 4 volte a settimana, mentre le uova solo una. 


Per i formaggi, invece, la frequenza ideale è di due volte alla settimana. I legumi andrebbero consumati 4 - 5 volte a settimana.


Doverosa è una precisazione: nell’elenco dei formaggi, va considerato anche il parmigiano utilizzato per le varie preparazioni o spolverato sul primo piatto.


La pasta al sugo con una spolverata di parmigiano o la pasta al pesto - sia esso tradizionale o di verdure - rappresentano un piatto unico. 


Da un lato abbiamo a che fare con i carboidrati. Dall’altro, invece, ci sono le proteine del parmigiano. Sarebbe ridondante aggiungere un’ulteriore fonte di questi nutrienti (il secondo piatto).


Fondamentale a tal proposito è sottolineare che, per quanto riguarda il consumo della carne, esiste un tetto massimo da non superare. 


Questo significa che può essere tranquillamente consumata con una frequenza minore rispetto a quella ricordata nelle righe precedenti. La si può sostituire con i legumi che, potenzialmente, possono essere consumati a ogni pasto.


Chiarita questa doverosa premessa, possiamo entrare nel vivo dei consigli specifici per offrire le proteine in autosvezzamento conciliando gusto e sicurezza. 


Partiamo dalla carne, facendo presente l’importanza di prediligere le carni bianche e, in ogni caso, i tagli magri. Meglio, infatti, abbondare con l’olio utilizzato per condire piuttosto che con i grassi saturi.


Cosa dire, invece, del pesce? Che bisognerebbe orientarsi verso quelli di piccole o medie dimensioni, cucinandoli a vapore, in padella o al forno. 


I pesci di grandi dimensioni, in primis tonno e pesce spada, andrebbero evitati in autosvezzamento per via dell’alto contenuto di mercurio. 


Limitare - non evitare - il consumo di pesci di fondali come platessa o sogliola.


Le uova richiedono una parentesi a parte. Parliamo infatti di un cibo che, fino a qualche anno fa, veniva introdotto dopo l’anno in quanto considerato alimento energizzante. 


Ormai questo falso mito è stato smontato dalla scienza. 


Oggi, infatti, le uova vengono offerte senza problemi in autosvezzamento. Essenziale, però, è focalizzarsi su quelle biologiche, di galline allevate all’aperto e ben cotte.


Formaggi: come gestire la loro proposta al piccolo che vive il magico percorso dell’alimentazione complementare? 


Facendo innanzitutto attenzione alle frequenze e alle quantità. Sono infatti ricchi di sale - ci sarà un paragrafo a parte sulla sua presenza in autosvezzamento - e di grassi saturi. 


Per dare qualche parametro sulle dosi, ricordiamo che due cucchiaini di parmigiano grattugiato sono più che sufficienti per soddisfare il fabbisogno proteico di un bambino in autosvezzamento.


Per quanto riguarda invece un’altra preziosa fonte di proteine, ossia i legumi, il consiglio è quello di procedere, fino all’anno di vita, con l’offerta esclusiva di quelli decorticati o passati


I primi si trovano facilmente in commercio e altro non sono che i legumi ai quali è già stata tolta la buccia.


Cosa si intende, invece, con l’espressione “legumi passati”? 


Si chiamano in causa i legumi sui quali è stato utilizzato il passaverdure, lo strumento che si usa per preparare la passata di pomodoro in casa. 


A questo punto, ti starai chiedendo perché non è sufficiente frullarli. 


Per un motivo molto semplice: la buccia, anche se viene sminuzzata, viene comunque ingerita dal piccolo.


Perché la buccia dei legumi deve essere eliminata? Buona domanda, viste le raccomandazioni appena elencate.


 La necessità di eliminarla in autosvezzamento è legata al suo contenere una quantità di fibra troppo alta per un cucciolo che è ai suoi primi approcci con l’alimentazione complementare. 


Da non dimenticare è altresì la presenza di anti-nutrienti (o fattori antinutrizionali). Di cosa si tratta? 


Di sostanze presenti in molti cibi di origine vegetale, note per la loro capacità di interferire con l’assorbimento di calcio, ferro e zinco.


Dall’anno, si possono iniziare a proporre i piselli e le lenticchie interi, ma sempre senza buccia, in quanto più morbidi degli altri legumi.


A dentizione completa, ossia attorno ai due anni e mezzo, è possibile iniziare a offrire i legumi tutti interi. 


Una volta che il bambino ha compiuto un anno, in assenza di problemi di crescita ponderale e se non si sta facendo svezzamento vegetariano, si può cominciare a offrire i legumi frullati e schiacciati con la buccia, seppur con una frequenza ridotta.


I legumi si possono trovare in commercio anche sotto forma di farine, pasta o cous cous. 


Questo li rende ancora più facili e versatili quando si parla di utilizzo in cucina durante la preparazione di ricette per l’autosvezzamento.


Non bisogna però dimenticare che si tratta pur sempre di un secondo piatto.


Nei casi in cui, per esempio, si propone al proprio bimbo una gustosa pasta di legumi o un cous cous, bisogna considerare la necessità di portare in tavola una fonte di carboidrati o cereali.


Le modalità da considerare a proposito di quest’ultima indicazione sono diverse. 


Si può, per esempio, portare in tavola un po’ di pane o delle patate


Un’alternativa creativa e buonissima prevede il fatto di mixare alla pasta di legumi un po’ di pasta di frumento o di un altro cereale.


Un altro esempio pratico davanti al quale il vostro piccolo si leccherà i baffi? Pasta di legumi con pesto di zucchine - senza parmigiano, in quanto c’è già una fonte proteica - e patata a tocchetti (si tratta di una fantastica variante della pasta al pesto ligure).


Un’altra idea speciale? Mix di cous cous di frumento e cous cous di legumi condito con caponata di verdure.


Quando si parla di proteine in autosvezzamento, una piccola - e importante - parentesi deve essere dedicata alla soia e ai suoi derivati, ossia tofu e tempeh.


Si possono offrire al bimbo che muove i suoi primi passi con l’alimentazione complementare? Assolutamente sì! 


Fondamentale, però, è che siano proposti al naturale


Per intenderci, no categorico a prodotti come i burger e le cotolette già pronte. Sono infatti alimenti che, seppur vegetariani, sono processati.

La gestione dei grassi in autosvezzamento

Ci soffermiamo ora su un aspetto di grande importanza per un autosvezzamento equilibrato e all’insegna del gusto


In questo paragrafo, parlerò della gestione dei grassi. Come specificato più volte nel corso della guida, i bambini piccoli hanno, rispetto agli adulti, un maggior fabbisogno di grassi o lipidi. 


Proprio per questo, la maggior parte dell’apporto calorico del latte materno è costituito dai suddetti nutrienti.


Ciò vuol dire che, al compimento dei sei mesi, i grassi non possono essere assolutamente trascurati nell’ambito della composizione dei piatti per l’autosvezzamento. 


Una volta inclusi tutti i nutrienti necessari alla composizione di un piatto equilibrato, basta aggiungere un cucchiaino di olio extra vergine di oliva a crudo.


L’olio EVO è sicuramente una buona fonte di grassi - fantastica anche per i piatti di mamma e papà - ma non è certo l’unica.


Quali sono le altre? Le olive - tagliate ovviamente in sicurezza - la frutta secca, i semi oleosi, che possono essere proposti in crema sul pane, mescolati con lo yogurt o in un pesto di verdure.


Come non citare poi il salmone selvaggio o l’avocado? Per il frutto in questione è ancora una volta necessario chiamare in causa il ruolo dei tagli sicuri. In alternativa, lo si può portare in tavola dopo averlo schiacciato con la forchetta.

grassi in autosvezzamento

La scelta degli ortaggi

Nei paragrafi precedenti di questa guida, ho sottolineato più volte come non sia mai troppo presto per avviare il proprio cucciolo al consumo della verdura e della verdura.


Come nel caso degli altri cibi, anche quando si parla di scelta degli ortaggi in autosvezzamento è necessario un focus specifico.


Frutta e verdura in autosvezzamento devono essere di stagione e possibilmente a km 0. 


Rispetto agli alimenti biologici che si possono trovare nei punti vendita della grande distribuzione, hanno un prezzo più contenuto.


Ciò è dovuto soprattutto ai ridotti costi di trasporto e di distribuzione, ma anche all’assenza di intermediari commerciali e allo scarso ricarico del venditore. 


Spesso, infatti, quest’ultimo è l’agricoltore o l’allevatore.


L’assenza di trasporto è garanzia, quasi sempre, di una maggior freschezza dei prodotti. 


A livello pratico, ciò vuol dire offrire sporadicamente alimenti come mango e banane e valorizzare la produzione locale della zona in cui si vive, recuperando il legame con il territorio.


Come specificato diverse volte nell’ambito della guida che stai leggendo, in autosvezzamento è importante non abbondare con l’apporto di verdure. Il motivo, ribadisco, è la ricchezza in fibra.


Da non dimenticare, inoltre, è anche il ridotto apporto calorico. 


Se si offre la verdura in pezzettini, non c’è ragione di preoccuparsi. Masticare, infatti, risulta molto faticoso. 


Alla luce di ciò, non c’è il rischio che il bambino possa ingerirne una quantità troppo elevata.


Un po’ più di attenzione è richiesta con i piatti unici o nei piatti in cui la verdura viene completamente frullata (è il caso, per esempio, delle vellutate).


Per quanto riguarda la frutta, ricordo innanzitutto che rappresenta la base per un ottimo spuntino. 


Nessuno vieta, però, di proporla durante e alla fine dei pasti principali. Anzi, a volte è consigliato. 


Un caso esemplare è quello degli alimenti ricchi di ferro non eme, ideali nell’autosvezzamento vegano o vegetariano. Per assimilare meglio questo nutriente, è consigliabile associare la sua assunzione a fonti di vitamina C. Spazio quindi a kiwi a fettine o ai mandarini.


Fondamentale è sottolineare che la frutta da sola non può essere considerata uno spuntino


Va quindi affiancata alla poppata o ad alimenti a maggior densità calorica. Qualche esempio? Le creme 100% frutta secca, lo yogurt bianco, i pancake o il porridge.

Consistenza dei cibi e tagli sicuri: ecco cosa sapere

In questa guida, ho nominato più volte le consistenze e i tagli sicuri in autosvezzamento. 


Come regolarsi? Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto sottolineare che a sei mesi, non avendo i denti, il bambino non è in grado di triturare i cibi, ma solo di spappolarli tramite le gengive.


Per questo motivo, tutti gli alimenti proposti devono avere una consistenza morbida. 


Come capire se è adeguata? Si può fare una prova schiacciando l’alimento che si ha intenzione di proporre al piccolo tra il pollice e l’indice.


Se l’alimento si spappola, vuol dire che è adatto all’autosvezzamento. Se si rompe in due o più parti, è meglio evitare di proporlo al bimbo.


Una volta appurata l’idoneità della consistenza, è necessario imparare a tagliare correttamente l’alimento. 


Quelli morbidi possono essere offerti anche in pezzetti più grossi, in quanto si spappolano all’interno della bocca. 


Per quelli più duri, invece, è importante concentrarsi sulla creazione di pezzi sottili.


Per mettere in primo piano il massimo della cautela, si possono tagliare anche gli alimenti più morbidi in maniera sicura, ossia a bastoncino e sottili più o meno quanto l’indice di una mano femminile.


Gli alimenti dalla forma tondeggiante, come per esempio i pomodorini e le olive, vanno invece tagliati in quattro pezzetti (per le immagini specifiche rimando, come sempre, al videocorso di autosvezzamento della Dottoressa Federica Dell’Oro, dove è presente un atlante completo dei tagli sicuri).


In questo caso, è necessario che l’adulto aiuti il bimbo a portare i vari pezzi alla bocca con l’aiuto delle posate.


Dopo la doverosa premessa iniziale, è arrivato il momento di focalizzarsi sulle varie categorie alimentari, per capire bene quali sono i tagli sicuri e le consistenze giuste per l’autosvezzamento.

tagli sicuri in autosvezzamento

Carboidrati: consistenze e tagli sicuri

Quando si parla delle consistenze e dei tagli sicuri relativamente ai carboidrati, è bene sottolineare prima di tutto che non è necessario acquistare la pastina. 


Come mai? Perché tende, nella maggior parte dei casi, a scivolare direttamente in gola, non dando modo al bambino di esercitarsi nella masticazione.


Fusilli, penne, farfalle, spaghetti e tagliatelle, hanno una forma sicura e adatta all’autosvezzamento. La maggior parte degli altri cereali o pseudo cereali, si prestano alla perfezione alla gestione dei tagli sicuri.


Per rendersene conto, è sufficiente pensare al riso, alla quinoa, al miglio, al sorgo, al farro e all’orzo. 


Sono tutti cereali in chicchi che, una volta cotti, sono perfetti per aiutare il piccolo a masticare e non potranno mai soffocarlo.


Farro e orzo, per via delle loro dimensioni e della consistenza, possono rivelarsi un po’ più difficili da masticare. 


Sono perfettamente sicuri, ma è meglio proporli dopo qualche settimana di “allenamento”.


Gli gnocchi, una pasta tipica della tradizione italiana, sono tondi e gommosi.


Per questo, in autosvezzamento è meglio non offrirli. Si può invece optare per gli spätzle, gnocchetti di forma irregolare e allungata tipici del Trentino


Fondamentale è non condirli con formaggi che potrebbero renderli collosi.


Cosa dire, invece, dei ravioli e dei tortellini? Che possono essere offerti interi, a patto che siano morbidi. 


Se il ripieno sembra troppo duro, è meglio tagliarli a pezzettini. In questo caso, è necessario aiutare i propri bimbi con le posate.


Un doveroso cenno va dedicato anche al pane


Quello adatto all’autosvezzamento deve essere friabile, facilmente frantumabile.


Fondamentale è evitare di proporre pane gommoso o con tanta mollica. Per renderlo più croccante, lo si può tostare.


Lo si può offrire sia intero, sia tagliato a bastoncini (sempre della grandezza del dito indice di una mano femminile).


La piadina si può offrire in autosvezzamento? Assolutamente sì! La si può proporre sia in fette grandi, sia in striscioline, meglio se non troppo grandi in modo da essere agevolmente afferrate dal bambino. Lo stesso si può dire per i pancakes.


La pizza, invece, deve essere sottile, tagliata a striscioline e priva di mozzarella. 


Questo formaggio, infatti, a seguito della cottura diventa filante e rappresenta un alimento potenzialmente rischioso per il soffocamento.


Cosa fare nel caso in cui la pizza dovesse essere troppo spessa? In questi frangenti, la si può tagliare in piccoli pezzettini.


Per quanto riguarda un altro alimento simbolo della cucina italiana, ossia la polenta, ricordiamo che può essere offerta semiliquida con il cucchiaino o solida dopo essere stata tagliata a striscioline.

Alimenti proteici: formati, consistenze e tagli sicuri

Passiamo ora alle fonti proteiche, iniziando a illustrare tutto quello che bisogna sapere sulle consistenze e i tagli sicuri relativamente alla carne. Caratterizzata da una consistenza fibrosa, è difficile da masticare e, alla luce di ciò, rappresenta uno degli alimenti a maggior rischio di soffocamento.


Va proposta tritata o sfilacciata, rigorosamente ben cotta. Il formato della strisciolina, più volte chiamato in causa nei precedenti paragrafi, non può assolutamente essere preso in considerazione.


Entrando nel vivo delle modalità di proposta della carne in autosvezzamento, ricordiamo che il formato del ragù va benissimo. Cosa dire, invece, delle polpette miste di carne trita e verdura? Che sono un’ottima idea in quanto la verdura rende la carne più morbida. Attenzione! Pure le polpette tradizionali vanno bene. Basta che siano morbide e in grado di sciogliersi in bocca. Essenziale è dare loro una forma allungata, affine a quella di un bastoncino. In questo modo, è possibile favorirne la presa.


Passiamo ora al pesce. Il suo filetto è talmente morbido da spappolarsi sia in bocca, sia in mano. Ecco perché si presta alla perfezione a essere consumato così com’è. Lo si può utilizzare senza problemi anche per la preparazione di sughi per i primi piatti.


In merito ai molluschi e ai crostacei, è il caso di sottolineare il loro essere caratterizzati da una consistenza particolare. Per masticarli, infatti, sono necessari i molari. Se si ha intenzione di proporli comunque durante l’autosvezzamento, è necessario tritarli molto finemente o frullarli.


Attenzione alle vongole e soprattutto alle cozze. Questi molluschi, infatti, sono noti come “filtratori del mare”, motivo per cui possono contenere sostanze inquinanti od organismi patogeni.


Parliamo ora delle uova. Quando si parla delle modalità di proposta di questo alimento in autosvezzamento, si apre un capitolo all’insegna della versatilità. Possono essere portate sulla tavola sode tagliate a listarelle, strapazzate o in frittata, magari con delle verdure, e sempre con il taglio a listarelle.


Cosa dire dei formaggi? Che quelli stagionati, come per esempio il parmigiano o il grana padano, possono essere offerti in scaglie. I formaggi freschi - per esempio robiola, ricotta o caprino - possono essere aggiunti al sugo di un primo piatto, ma anche spalmati sul pane. La mozzarella, invece, va offerta a pezzettini o a fettine sottili. Mai farla scaldare in quanto, come già accennato parlando della pizza, diventerebbe eccessivamente gommosa, esponendo il piccolo a un alto rischio di soffocamento.


I formaggi di consistenza gommosa, come per esempio il gruviera o la fontina, non si prestano molto all’autosvezzamento. Se proprio si ha intenzione di farli assaggiare al proprio cucciolo, è bene offrirli in striscioline molto sottili.


In merito ai legumi, rimando a quanto detto in precedenza, ossia che devono essere decorticati. Nel suo corso sull’autosvezzamento, la Dottoressa Federica Dell’Oro mostra in maniera chiara come togliere la buccia a diversi legumi, tra cui i ceci (spoiler: è semplicissimo).


Dal momento che quasi tutti i legumi sono caratterizzati da una forma tondeggiante, è meglio schiacciarli con la forchetta. I legumi piccoli, come per esempio le lenticchie, i fagioli azuki e i pisellini, non espongono al rischio di soffocamento. All’inizio, però, andrebbero offerti decorticati o dopo essere stati passati con il passaverdure, ottenendo di fatto una purea.


I legumi interi, ossia caratterizzati dalla presenza della buccia, si offrono più frequentemente dopo l’anno di vita, partendo da quelli più teneri. La gamma completa di legumi interi può essere offerta dopo il completamento della dentizione decidua, ossia a circa due anni e mezzo.


In merito alle consistenze sicure dei legumi in autosvezzamento è essenziale citare le lenticchie rosse, che sono già decorticate. Una volta cotte, si sfalderanno e, di riflesso, potranno essere consumate così come sono.

Fonti di lipidi: consistenze e tagli sicuri in autosvezzamento

Quando si parla di fonti di grassi in autosvezzamento e di consistenze e tagli sicuri, è fondamentale partire con un focus sulle olive. Essendo tonde, dure e scivolose, la cosa migliore da fare per proporle in sicurezza al proprio piccolo è passarle con il batticarne o tagliarle. Attenzione: prima di metterle nel piatto del proprio piccolo è essenziale sciacquarle, in modo da togliere l’eccesso di sale (condimento che non andrebbe mai proposto prima dei due anni di età).


La frutta secca e i semi oleosi vanno proposti in crema, spalmata sul pane o mescolata nello yogurt.


Vanno benissimo anche nel pesto di verdure o triturati finemente, in modo da ottenere una polvere affine a una farina. Al supermercato, si possono trovare facilmente creme di frutta secca di ottima qualità. Per quelle di semi oleosi, i migliori punti di riferimento sono i negozi bio fisici o online.


Un’altra fantastica fonte di grassi è l’avocado. Lo si può offrire schiacciato o tagliato a fettine. Questo frutto, infatti, ha una consistenza morbida che si spappola agevolmente in bocca.

Come proporre e tagliare frutta e verdura in autosvezzamento

Vediamo infine gli ortaggi, ossia la frutta e la verdura. Questi alimenti in autosvezzamento devono essere proposti morbidi. Fondamentale, infatti, è che possano essere schiacciati tra le dita.


Per quanto riguarda i tagli, nel suo corso la Dottoressa Federica Dell’Oro specifica che, per facilitare la presa palmare, inizialmente vanno portati in tavola tagliati a striscioline della grandezza del dito indice di una mano femminile.


Nei casi in cui si ha a che fare con ortaggi che, come le carote, possono essere proposti solo cotti, non bisogna esagerare.


Non devono infatti spappolarsi nella mano del piccolo, in quanto la cosa risulterebbe molto frustrante per lui. 


Gli ortaggi tondi, come per esempio i pomodorini, vanno tagliati in quattro parti (nel videocorso, è presente, in omaggio, l’atlante dei tagli sicuri).


Importante è dedicare una parentesi alla mela che, in autosvezzamento, può essere definita come un falso amico.


Per non rischiare, la si può proporre cotta grattugiata o tagliata a fettine sottilissime realizzate utilizzando il pelapatate.

tagli sicuri degli ortaggi in autosvezzamento

Come offrire l’acqua in autosvezzamento?

Fino ad ora, ci siamo soffermati sui consigli pratici relativi all’offerta sicura di macronutrienti solidi. 


Non bisogna però dimenticarsi dell’acqua. Se, a inizio svezzamento, il proprio bambino non vuole saperne di assumerla, non è il caso di preoccuparsi.


Essendo la sua alimentazione ancora composta per lo più da latte - materno o formulato - non avrà problemi di disidratazione.


L’acqua va offerta tramite bicchieri in silicone o tazzine


Gli esperti come la Dottoressa Dell’Oro sconsigliano l’utilizzo dei bicchieri con beccuccio e del biberon.


Se ci si trova fuori casa, si possono usare le borracce in acciaio con apposito bicchierino. 


Quando il bambino sarà un po’ più grande, si potrà utilizzare la cannuccia, anche se la scelta migliore rimane il bicchierino.


Per quanto riguarda le peculiarità dell’acqua da offrire al proprio piccolo, ricordo il fatto di orientarsi verso quelle poco mineralizzate, possibilmente con residuo fisso inferiore ai 50 mg/L.

acqua in autosvezzamento
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