Qual è la differenza tra svezzamento e autosvezzamento?

Qual è la differenza tra svezzamento e autosvezzamento?

Introduzione

Tutti i neo genitori si sono interrogati, almeno una volta, sulla differenza tra svezzamento e autosvezzamento.


Se ti stai ponendo domande su questo importantissimo tema, l’articolo che stai per leggere fa per te!


Per renderne la lettura più agevole, ho creato un indice, così da darti modo, se lo vorrai, di approfondire nel dettaglio i vari aspetti dell’argomento semplicemente cliccando sui titoli dei paragrafi che più ti interessano.


Puoi, in ogni caso, trovare ulteriori informazioni su Instagram al profilo @drsilva.com_official e soprattutto nei capitoli del videocorso “Autosvezzamento pratico, facile e senza stress”, ideato dalla Dottoressa Federica Dell’Oro, biologa nutrizionista esperta in alimentazione materna e infantile.


Saranno proprio i suoi consigli a farti da guida in questo articolo. Ora, come amo spesso dire nei miei video, si entra nel vivo dell’azione!

Significato di autosvezzamento

Iniziamo ad addentrarci nell’affascinante mondo della differenza tra svezzamento e autosvezzamento soffermandoci sul significato del primo termine (è un’espressione generica e più avanti vedremo bene perché).


Come specifica chiaramente anche la Dottoressa Dell’Oro nel suo videocorso, quando si parla di svezzamento si chiama in causa un processo graduale che porta il neonato da un’alimentazione composta esclusivamente da latte materno o formula a un regime alimentare in cui vengono integrati altri alimenti di consistenza sia liquida, sia solida.


Una cosa importantissima: lo svezzamento non deve essere inteso come la novità che permette di togliere il “vizio” del latte.


L’alimento in questione, infatti, almeno per i primi 12 mesi di vita, la prima fonte di nutrimento del piccolo.


L’obiettivo, infatti, non è ingozzare il neonato somministrandogli le pappe per eliminare una delle poppate della giornata (nella maggior parte dei casi, è quella che il cucciolo chiede attorno all’ora di pranzo).


Lo svezzamento è qualcosa di molto diverso: si tratta, ribadiamo, di un percorso, caratterizzato dalla massima gradualità, che vede il latte materno o la formula affiancati da altri alimenti.


Il percorso è lungo e prezioso per la crescita del cucciolo, dal punto di vista nutrizionale e non solo.


Come ricordato nelle righe precedenti, “svezzamento” è un’espressione generica. La più adatta, infatti, è “alimentazione complementare”.

differenza tra svezzamento e autosvezzamento

Il mondo dell'alimentazione complementare a richiesta

L’alimentazione complementare, esattamente come l’allattamento al seno o con formula, dovrebbe essere sempre a richiesta.


Il piccolo indica quando ha fame. L’adulto che si occupa di lui non deve somministragli il cibo se non mostra di desiderarlo o se, come è normale a 4 - 5 mesi, non è ancora in possesso delle competenze giuste (sono elencate in questo articolo e vengono approfondite dettagliatamente dalla Dottoressa Dell’Oro nel suo videocorso, che trovi alla fine del paragrafo).


L’espressione “alimentazione complementare a richiesta” è il miglior modo per chiamare in causa l’autosvezzamento.


Dopo questa ampia e doverosa premessa, è possibile “accendere le luci” su quelle che sono le differenze tecniche tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento.

Svezzamento tradizionale e autosvezzamento: qual è la differenza?

Differenza tra svezzamento e autosvezzamento: qual è? Per rispondere a questa domanda, è necessario considerare diversi punti.


Il primo riguarda il fatto che, nel caso in cui si segue lo svezzamento tradizionale, il caregiver somministra al piccolo delle pappe. 


Lo fa basandosi su schemi prestabiliti e tenendo conto di cronoinserimenti per l’inclusione dei nutrienti.


Nella maggior parte dei casi, inizia tutto con pappe a base di brodo preparato con carote, patate e zucchine. 


Da non dimenticare sono anche le creme di mais e tapioca o di riso.


Lo svezzamento tradizionale prevede anche il ricorso agli omogeneizzati. Nel caso della frutta, si parte sempre con mela e pera.


Tornando un attimo con il focus sui cronoinserimenti, rammentiamo che questo approccio prevede l’introduzione nella routine alimentare di cibi come le uova e i pomodori dopo che il cucciolo ha compiuto un anno.


L’introduzione dei cibi diversi dal latte materno o formulato viene quindi gestita in toto dall’adulto che si prende cura del bambino.


Lo svezzamento tradizionale viene spesso intrapreso a partire dal compimento dei 6 mesi, in alcuni casi anche a 4 - 5, senza considerare la maturazione, da parte del neonato, delle giuste competenze psicomotorie.


Ricordo altresì che, con lo svezzamento tradizionale, si sostituisce un’intera poppata con la pappa. 


Si portano in tavola pappe e prodotti di baby food perché non sarebbe possibile fare scelte diverse: a 4 - 5 mesi, come chiarisce più volte la Dottoressa Dell’Oro nel suo videocorso, non è in grado di gestire consistenze solide o semi solide.


Nel caso dell’autosvezzamento, invece, il neonato è protagonista assoluto.


L’espressione anglosassone baby-led weaning, traducibile come “svezzamento guidato dal neonato”, sottolinea chiaramente il fatto che l’adulto deve assumere un ruolo marginale.


Il caregiver deve mettere in campo un approccio all’insegna dell’osservazione, così da riuscire a capire quando il cucciolo ha le competenze giuste per introdurre i cibi solidi.


Essenziale è ovviamente proporre schemi alimentari all’insegna della salute e della varietà.


I cibi portati in tavola durante i pasti e proposti al bambino devono essere tagliati in sicurezza - nel videocorso trovi l’atlante completo - e caratterizzati da consistenze adeguate.

differenza tra svezzamento e autosvezzamento

Autosvezzamento: cosa dicono le linee guida scientifiche?

Negli ultimi anni, di autosvezzamento, per fortuna, si parla assiduamente. 


C’è, però, ancora tanta strada da percorrere: numerosi genitori, infatti, guardano a questa scelta con notevole diffidenza.


L’autosvezzamento, diventato famoso in Italia a seguito della pubblicazione del libro Io Mi Svezzo da Solo del pediatra Lucio Piermarini, è quanto raccomandato dalle linee guida per l’alimentazione complementare.


Alla base, devono esserci diversi criteri. I genitori devono essere avvezzi a seguire una dieta sana, conoscere i tagli sicuri e le consistenze giuste, ma anche avere consapevolezza di come portare in tavola un pasto bilanciato.


In questi frangenti, il cucciolo potrà agevolmente consumare i medesimi cibi assunti da mamma e papà.


L’approccio giusto prevede una partenza con piccoli assaggi, proposti al piccolo durante i momenti di convivialità in famiglia (il latte, come più volte specificato, deve continuare a rappresentare l’alimento principale per tutto il primo anno almeno).


I suddetti assaggi vanno aumentati in maniera graduale arrivando, con il tempo alla proposta di un pasto completo.


Per arrivare a ciò è necessario, come già detto, che il cucciolo abbia maturato determinate competenze psicofisiche (e che il suo sistema intestinale sia pronto). Ecco l’elenco delle competenze:

  • Perdita del riflesso di estrusione, ossia la tendenza innata a tirare fuori la lingua per dare il via al processo di suzione e per impedire, nel contempo, che corpi estranei entrino nella bocca;

  • presa palmare;

  • capacità di mantenere la posizione seduta con l’ausilio di un numero limitato di supporti;

  • manifestazioni, palesi e costanti, di interesse per il cibo consumato dagli adulti (non è un segnale di fame, ma un’imitazione istintiva del comportamento dei caregiver).

Come specificato dall’OMS e dalle più importanti società pediatriche mondiali, questi requisiti vengono raggiunti attorno ai 6 mesi.


Attenzione: si tratta di un riferimento generale.


Ogni neonato è a sé e se le competenze vengono raggiunte a 7 mesi non vuol dire che ci siano delle problematiche.

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