Travaglio di parto: cos'è, sintomi, durata, fasi, posizioni, dolore
Introduzione
Travaglio di parto: in queste tre parole, è racchiusa la curiosità, ma anche la paura di tantissime donne, soprattutto quelle al primo figlio o che hanno già avuto una gravidanza terminata con parto cesareo.
Con questo contenuto, voglio aiutarti a vederci più chiaro in un argomento importante e immenso.
Per completare le informazioni che troverai nelle prossime righe - potrai scoprire non solo cos’è il travaglio, ma anche, per esempio, quanto tempo passa tra travaglio e parto - ti invito a dare un’occhiata al videocorso “Nascere e Rinascere Madre”, curato dall’ostetrica del Centro Yule e del team DrSilva Maria Chiara Alvisi.
Se, invece, sei già mamma e sei alla ricerca di consigli su come accompagnare nel modo giusto il tuo cucciolo lungo il suo sviluppo motorio, ti aspetto sul profilo Instagram @drsilva.com_official.
Cosa vuol dire andare in travaglio?
Iniziamo dalle basi con la definizione di travaglio di parto.
Si dice che una donna in gravidanza entra in travaglio quando, a fine gestazione, l’attività contrattile dell’utero si intensifica e le contrazioni vanno avanti per un lasso di tempo di 2 - 3 ore, a intervalli regolari e con una durata di 40 - 50 secondi ciascuna.
L’attività uterina appena descritta è fondamentale per apportare al collo dell’utero quelle modifiche necessarie al passaggio del cucciolo (assottigliamento, appianamento e dilatazione).
Il travaglio di parto può cominciare spontaneamente o essere indotto con metodi farmacologici, non farmacologici o meccanici.
Ricordo altresì la possibilità di favorirne l’avvio con alcuni metodi naturali (in questo articolo, puoi scoprire quali sono e sfatare diversi falsi miti sul tema).
Come si fa a capire quando inizia il travaglio
Il travaglio di parto che, in linea generale, può iniziare dalle due settimane prima alle due settimane dopo la data presunta del parto, manifesta il suo arrivo con diversi sintomi.
Nel paragrafo precedente, ho citato le contrazioni.
Per amor di precisione, è importante sottolineare che l’attività contrattile uterina - sporadica - è compagna della quotidianità della gestante nel corso dell’ultimo periodo di gravidanza.
Sono numerose le donne che, già diverse settimane prima del travaglio, riferiscono l’insorgenza di contrazioni, spesso dolorose, che si presentano soprattutto nelle ore serali.
Se non hanno le peculiarità citate nel paragrafo precedente, non sono sintomi del travaglio di parto, ma un modo che l’utero ha per “allenarsi” al grande lavoro che farà quando tutto comincerà veramente.
Il percorso di preparazione del corpo in vista del travaglio di parto può essere caratterizzato dall’insorgenza di diversi segnali.
Tra questi spiccano le perdite di muco.
Quest’ultimo può essere caratterizzato da colori come il bianco e il marrone, ma anche apparire tendenti al rosato.
In alcuni casi, a causa dell’apertura del collo dell’utero, dai capillari possono essere perse delle piccole gocce di sangue (spesso il materiale ematico è misto al muco cervicale).
Si può avere a che fare anche con la perdita del tappo mucoso.
Da citare, come sottolinea la Dottoressa Alvisi in questo video, la futura mamma può sperimentare anche episodi di svuotamento gastrico o intestinale.
Pure la rottura delle membrane va annoverata fra i primi sintomi del travaglio di parto.
Quando andare in ospedale?
Conoscere bene i sintomi del travaglio di parto e ascoltare il proprio corpo è fondamentale per capire, per esempio, quando andare in ospedale se si è scelto questo luogo per far nascere il proprio cucciolo.
Essenziale, come già detto, è monitorare le contrazioni a fine gravidanza.
Se durano circa un minuto e si ripresentano ogni 5 circa per un’oretta, è il momento di raggiungere la struttura sanitaria.
In caso di rottura delle membrane e di liquido chiaro, trasparente e con un odore acre che lo distingue chiaramente dall’urina, non bisogna allarmarsi.
In generale, dopo circa 24 ore comincia il travaglio spontaneo.
Nel frattempo, bisogna indossare un assorbente esterno grande, rimanere a casa e dedicarsi ad attività rilassanti (dalle coccole con il partner, alla lettura, ai massaggi a lume di candela).
Le fasi del travaglio
Il travaglio di parto, la cui durata va, in media, dalle 10 alle 12 ore per le primipare e spesso meno per le donne che hanno già figli - si considera dalle contrazioni regolari alla dilatazione completa - si divide in diverse fasi.
Scopriamole una per una nei prossimi paragrafi.
Fase prodromica
La fase prodromica del travaglio di parto si contraddistingue per l’insorgenza di contrazioni uterine che si fanno man mano più regolari e dolorose.
Fra una contrazione e l’altra, si possono sperimentare lunghi tempi di pausa. In alcuni frangenti, nel corso della fase dei prodromi del travaglio di parto la donna può aver a che fare con i già citati episodi di svuotamento intestinale.
Quelli di emesi sono invece rari (meno quelli di nausea).
La durata della fase in questione può andare dalle 6-12 ore, arrivando fino a diversi giorni.
Fanno la differenza, in questo caso, le condizioni di partenza della cervice uterina.
Da trascorrere tra le mura sicure di casa dedicandosi ad attività rilassanti - per esempio, un bel bagno caldo - la fase prodromica del travaglio può prevedere anche la perdita del tappo mucoso.
Fase dilatante
La fase dilatante del travaglio di parto (o travaglio attivo) inizia quando la dilatazione del collo dell’utero è a 4 centimetri.
Si contraddistingue per l’insorgenza di contrazioni ravvicinate, distanziate di circa 5 minuti l’una dall’altra e con una durata media tra i 40 e i 60 secondi.
Con l’inizio della fase dilatante, la mamma che ha scelto di partorire in ospedale e la persona di sua fiducia vengono portati in sala parto.
Qui il personale medico e ostetrico si occuperà di supportare la partoriente, ma anche di controllare, al bisogno, il benessere del cucciolo.
La fase in questione termina con il raggiungimento dei 10 centimetri di dilatazione.
Nel corso della fase dilatante, può rivelarsi utile conoscere metodi naturali di controllo del dolore se, nell’eventualità di un parto in ospedale, non si intende ricorrere all’analgesia epidurale.
Nell’elenco è possibile includere, per esempio, il fatto di immergersi in acqua calda.
Essenziale è non rimanere ferme sul lettino in posizione ginecologica.
Le posizioni libere per il travaglio di parto sono numerose e, come ho ricordato qui, quella a carponi è particolarmente consigliata in fase dilatante.
Aiuta, infatti, nei casi in cui il dolore raggiunge alti livelli di intensità nella zona lombare.
La durata della fase dilatante del travaglio di parto è variabile.
Si può parlare di 1 centimetro ogni due ore per le primipare - tenendo sempre conto che nessun travaglio è mai uguale a se stesso - e di processi più veloci per chi è già mamma.
Fase di transizione
Dalla dilatazione completa fino all’inizio del premito - lo stimolo a spingere in concomitanza con il culmine della contrazione - il travaglio di parto vive una fase di transizione.
Sia la frequenza, sia l’intensità delle contrazioni uterine si riducono notevolmente.
Si può cogliere l'occasione per riposarsi in vista della fase delle spinte del travaglio di parto, della quale parlerò nelle prossime righe.
Fase espulsiva
Il travaglio di parto è arrivato al momento delle spinte.
La mamma sente il bacino aprirsi ancora di più e le sensazioni precedentemente percepite a livello viscerale spostarsi più in basso.
Tutto normale: il cucciolo sta facendo il suo percorso lungo il canale del parto, fino a raggiungere la luce.
Per aiutarlo a incanalarsi meglio, è opportuno scegliere posizioni in cui il corpo è sottoposto alla forza di gravità (per esempio la posizione accovacciata sospesa o quella verticale).
Molte mamme al primo parto vaginale o naturale si preoccupano in merito a questa fase del travaglio di parto perché hanno timore di non riuscire a spingere.
Non c’è ragione di allarmarsi in merito: le spinte della fase espulsiva del travaglio di parto, infatti, sono dei veri e propri riflessi automatici, impossibili da contrastare.
In questa fase, sono particolarmente importanti l’idratazione e l’apporto di zuccheri, nutrienti cruciali per dare un boost all’energia del corpo.
La mamma non deve assolutamente trattenere il respiro e neppure spingere in posizione litotomica.
Secondamento
Terminata la fase espulsiva - in generale, per far uscire la testa ci vogliono più spinte rispetto alle spalle e al corpicino - il cucciolo viene messo pelle a pelle con la mamma.
A questo punto, senza intervenire in alcun modo neppure sul cordone ombelicale, si attende il secondamento.
L’utero è interessato da attività contrattile - meno intensa rispetto a quella della fase di travaglio attivo - e avviene, in un lasso di tempo che può andare dai pochi minuti alla mezz’ora, l’espulsione della placenta e degli annessi fetali.
Attaccare subito il neonato al seno ed essere in un ambiente intimo e sicuro sono fattori che favoriscono il secondamento.
Il primo, è prezioso pure ai fini del contenimento delle perdite ematiche.