Storia delle pappe e degli omogeneizzati
Introduzione
In questo articolo, parlerò di alimentazione infantile in un modo un po’ diverso dal solito. Approfondirò, infatti, la storia delle pappe e degli omogeneizzati.
Se ti interessa saperne di più, questo contenuto fa per te. Come vedi, prima dell’articolo ho inserito un indice. Grazie ad esso, se vorrai, avrai la possibilità di approfondire nel dettaglio le varie sfaccettature del tema.
Se, invece, stai iniziando ad approcciarti al meraviglioso mondo dell’alimentazione complementare a richiesta per il tuo cucciolo, puoi dare un’occhiata al videocorso “Autosvezzamento pratico, facile e senza stress”, curato dalla Dottoressa Federica Dell’Oro, biologa nutrizionista, e accessibile alla fine del paragrafo.
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Ora, come mi piace dire, bando alle chiacchiere che si entra nel vivo dell’azione.
Quanto durava l'allattamento al seno nell'antichità?
Prima di entrare nel vivo della storia delle pappe e degli omogeneizzati, è bene fare il punto della situazione sulla durata dell’allattamento al seno nell’antichità.
Per parlare di indicazioni specialistiche relative al periodo ideale per la prosecuzione dell’allattamento, è stato necessario attendere fino al XX secolo, con le linee guida dell’OMS, che raccomanda, come ben si sa, di portare avanti l’allattamento esclusivo a richiesta per i primi sei mesi di vita del neonato.
Un approccio affine, come dimostrato dagli studiosi dell'Università di Lille, veniva adottato nell’antica Grecia, quando le balie avevano l’abitudine di allattare i piccoli al seno per il primo semestre, avviando successivamente la somministrazione delle pappe.
Facendo un ulteriore salto indietro nel tempo, ricordiamo che, fra gli antichi Egizi, l’allattamento al seno aveva una durata di circa tre anni.
Le indicazioni presenti nel Talmud ebraico sottolineavano l’importanza di portare avanti l’allattamento esclusivo per i primi 2 - 5 anni di vita.
Nel Corano, invece, si raccomandava di proseguire con l’allattamento materno esclusivo per il primo biennio.
Per tutto il Medioevo, non è stato possibile parlare di testimonianze storicamente rilevanti relative alla gestione dei tempi dell’allattamento al seno.
Bisogna fare un balzo in avanti di diversi secoli e arrivare al XVI con le indicazioni del chirurgo francese Jacques Guillemeau, diventato famoso per aver pubblicato, nel 1609, il trattato De l'heureux accouchement des femmes, dedicato al parto podalico.
Secondo le sue teorie, l’allattamento al seno non doveva essere intrapreso prima del compimento del primo mese e lo svezzamento andava iniziato con lo spuntare dei primi dentini.
Le prime pappe
Parlare della storia delle pappe e degli omogeneizzati vuol dire ricordare innanzitutto che, fino al XVIII secolo, non esistevano indicazioni tecniche specifiche sull’alimentazione complementare.
Si parlava più che altro di consigli pratici, come per esempio il fatto di iniziare a introdurre alimenti diversi dal latte materno a seguito dell’eruzione dei primi dentini, partendo preferibilmente nei mesi della primavera.
Il percorso di alimentazione complementare veniva avviato con pappe preparate bollendo acqua e latte, possibilmente di capra.
Era diffusa anche l’usanza di aggiungere del vino annacquato o della birra.
Presentate al bambino in pentolini in terracotta, le prime pappe venivano aromatizzate con succo di uva sultanina, zafferano e calendula.
Accanto a queste pappe, veniva proposta anche la cosiddetta panada, conosciuta anche come panadella, un preparato denso a base di farina, pane, grano, burro e tuorlo d’uovo (il medico greco Sorano di Efeso consigliava di berlo).
Nel corso del tempo, questi schemi sono stati interessati da diversi cambiamenti.
Decisiva ai fini del loro concretizzarsi è stata, per esempio, la scoperta del fatto che le problematiche gastrointestinali non erano legate alla dentizione, bensì allo scarso livello di igiene e alle modalità scorrette di conservazione dei cibi destinati ai più piccoli.
I primordi del baby food
Per arrivare a una svolta nella storia delle pappe e degli omogeneizzati, è necessario guardare alla metà del XIX secolo.
Rispettivamente nel 1865 e nel 1867, infatti, sono stati lanciati due prodotti che hanno rivoluzionato la nutrizione infantile: la zuppa di malto, elaborata dal chimico Justus von Liebig, e la farina lattea, uno dei prodotti simbolo della Nestlé.
Gli alimenti citati vengono considerati, ad oggi, i pionieri del baby food.
In quel periodo l’alimentazione infantile era fortemente squilibrata e spesso causa di problematiche di salute serie, in alcuni casi mortali.
Alla metà dell’800 risalgono anche diversi tentativi di modificare il latte animale per renderlo adatto all’alimentazione infantile.
Al XIX secolo è possibile far risalire pure un altro fenomeno, ossia la riappropriazione, da parte delle neo mamme sia del proprio corpo, attraverso l'allattamento al seno, sia del ruolo educativo.
L'invenzione degli omogeneizzati
Un doveroso cenno nell’ambito della storia del baby food riguarda gli omogeneizzati, ottenuti tramite un procedimento che permette il passaggio da una miscela eterogenea a una omogenea.
Il termine italiano deriva dalla parola francese mouliné, che può essere tradotta con vocaboli come “tritato” e “passato”.
L’omogeneizzato, non a caso, altro non è che un passato trasformato in purea attraverso processi industriali.
Il primo omogeneizzatore è stato inventato nel XIX secolo dal francese Gaulin con lo scopo di trattare il latte e ottenere il burro.
Presentato al mondo all’Esposizione di Parigi del 1900, ha aperto la strada all’utilizzo degli omogeneizzati inizialmente nei percorsi alimentari dedicati a pazienti con patologie digestive negli USA negli anni '30 e, successivamente, nella dieta infantile.
Il loro impiego in questo ambito ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni '60, un periodo contraddistinto da una tendenza che, ad oggi, è per fortuna superata.
Di cosa stiamo parlando? Della scelta di iniziare l'alimentazione complementare troppo presto, attorno ai 2 - 3 mesi, periodo che vede ancora una forte immaturità dell'apparato digerente del piccolo e l'assenza dei requisiti psicofisici per lo svezzamento, proprio con lo scopo di "togliere il vizio" del latte materno.
Per amor di precisione ricordiamo che la differenza tra omogeneizzati e liofilizzati riguarda il fatto che, nei secondi, vengono effettuati, in fase di produzione, due passaggi in più, ossia il congelamento e la disidratazione.
Gli albori dell'autosvezzamento: l'esperimento di Clara Davis
Per avere un quadro completo dei cambiamenti che hanno coinvolto l’alimentazione infantile nel corso tempo è il caso di andare oltre alla storia delle pappe e degli omogeneizzati e parlare un attimo anche della nascita dell’autosvezzamento.
Negli articoli del blog ho più volte citato il libro Io mi Svezzo da Solo! Dialoghi sullo Svezzamento del pediatra Lucio Piermarini.
Il volume, uscito nel 2008, è considerato, ancora oggi, una delle bibbie dell’alimentazione complementare a richiesta.
Prima di citare il suo lavoro, è importante fare un cenno alla figura di Clara Davis, ricercatrice statunitense.
Nel lontano 1928, con il fine di arrivare alla risoluzione di problemi di inappetenza infantile, decise di provare a capire se, attorno ai sei mesi, i bambini fossero in grado di scegliere autonomamente gli alimenti da assumere, selezionando i più sani.
Il suo esperimento vide il coinvolgimento di 32 alimenti di origine sia animale, sia vegetale (crudi e cotti e serviti ciascuno su un piatto specifico).
I bambini, messi davanti alla tavola imbandita con gli alimenti, palesavano interesse non solo per i cibi, ma anche per dettagli come i piatti, le posate e la tovaglia.
A seguito della suddetta manifestazione di interesse, gli studiosi che hanno gestito l’esperimento hanno offerto i cibi ai piccoli, assecondando i loro desideri.
Lo studio è andato avanti per 6 anni, permettendo la raccolta di dati relativi a oltre 36.000 pasti.
Nelle conclusioni del suo lavoro scientifico, Clara Davis ha sottolineato la corretta crescita di tutti i bambini coinvolti.