donna in ospedale durante contrazioni da travaglio di parto indotto

Parto indotto: quando è indicato, metodi, tempi e rischi

Introduzione

Parto indotto: tutte le donne in dolce attesa, almeno una volta nel corso della gravidanza, hanno sentito chiamare in causa questa espressione. Cosa significa? Quali sono le indicazioni, i metodi e i rischi dell’induzione di travaglio di parto?


In questo articolo, ti prenderò per mano e ti aiuterò a scoprire, ricorrendo al contributo di un’ostetrica esperta, le risposte ai sopra menzionati interrogativi.


Prima di iniziare, ti lascio alcune info utili:

Cos'è il parto indotto?

Il parto indotto è quello che si concretizza a seguito di un travaglio che non inizia spontaneamente, ma che prende il via a seguito dell’intervento di fattori esogeni.


Come ricordato nel video precedente dalla Dott.ssa Alvisi, i fattori possono essere di natura meccanica o di tipo farmacologico. 

donna in ospedale in attesa delle procedure per il parto indotto

Quando si ricorre all'induzione?

Il titolo di questo paragrafo è una domanda a cui è importantissimo rispondere.


Per farlo è necessario sottolineare che, per arrivare a mettere mano in quello che è un equilibrio perfetto, devono sussistere delle indicazioni precise.


Una delle più frequenti riguarda il caso della mamma che si avvicina al superamento del termine della gravidanza.


Una cosa fondamentale da specificare riguarda il fatto che, quando si utilizza l’espressione “oltre termine” per una gestazione, non si intende il primo giorno della quarantesima settimana.

 

Per poter definire la gravidanza oltre termine, infatti, è necessario che siano trascorse due settimane a partire dalla data presunta del parto.


Le scelte delle singole strutture ospedaliere per quanto riguarda il momento dell’induzione - ci sono ospedali che inducono a 41+3 e altri che, invece, arrivano fino a 41+5 - cambia molto le chances, per la mamma, di iniziare il travaglio in maniera spontanea.


Un’altra indicazione del parto indotto è quella delle patologie materne. Un esempio? Il diabete gestazionale. Lo stesso si può dire per l'ipertensione arteriosa.


Pure le problematiche del piccolo possono portare il personale ospedaliero a decidere di procedere con un’induzione. 


Quello che conta è che ci sia un’indicazione specifica e che si possa parlare di benefici che superano i rischi sia per quanto riguarda la salute della mamma, sia per quel che concerne il benessere del suo piccolino.



Controindicazioni

Il parto indotto ha diverse controindicazioni. Quali sono di preciso? Tra le principali rientrano i casi delle mamme con una storia clinica caratterizzata dall’esecuzione di un parto cesareo.


Il VBAC (Vaginal Birth After Cesarean Section), ossia il parto cesareo dopo un parto vaginale, è senza dubbio possibile.


Le linee guida, però, prevedono che avvenga a seguito di un travaglio che insorge in maniera spontanea. Il motivo è molto semplice: meno si interviene sull’utero, stimolandolo, meglio è.



Come prepararsi

Nel momento in cui si chiama in causa il parto indotto, è necessario ricordare il fatto di dover passare diversi giorni ricoverate in blocco preparto ospedaliero


Alla luce di ciò, è opportuno impegnarsi per silenziare gli stimoli stressogeni, mettendo invece in primo piano quelli che fanno stare bene.


Non importa che si tratti di una playlist su Spotify o di un libro: quello che importa è che l’attesa dell’inizio del travaglio sia all’insegna del relax.



donna in ospedale in attesa di parto indotto

Metodi di induzione del travaglio di parto

Quali sono i metodi di induzione del travaglio di parto? Rispondere vuol dire chiamare in causa tre categorie:

  • I metodi farmacologici;

  • i metodi meccanici;

  • i metodi non farmacologici.

I primi prevedono, tra le varie opzioni, la somministrazione per via orale o attraverso gel applicati a livello vaginale di preparati a base di prostaglandine, molecole derivanti dall’acido arachidonico che preparano il corpo al travaglio di parto. 


Essendo contenute anche nel seme maschile, si consiglia alle donne che si avvicinano al termine di gravidanza di avere rapporti completi (anche per scongiurare il rischio di induzione).


Cosa dire, invece, in merito ai metodi meccanici? Che nell'elenco compare il ricorso al foley balloon o al doppio palloncino.


Entrambi i cateteri hanno la funzione di favorire la maturazione della cervice senza il ricorso a farmaci. 


Utilizzati quando il collo dell'utero non è sufficientemente maturo o nei casi in cui non è indicato il ricorso alle prostaglandine, vengono inseriti nel collo dell'utero a seguito della visualizzazione di quest'ultimo tramite lo speculum.


Una volta posizionato il catetere, il palloncino di cui è provvisto viene gonfiato.


La conseguenza è la possibile insorgenza di contrazioni. 


Da tenere presente, però, è che non si parla di metodi finalizzati all'effettivo avvio del travaglio, bensì, ribadisco, di espedienti per stimolare la maturazione del collo dell'utero.


Prima della manovra, quando quest'ultima è in corso e subito dopo, è doveroso monitorare il benessere fetale tramite tracciato cardiotocografico.


Quali sono, invece, i metodi non farmacologici?


  • Scollamento delle membrane: definire questa manovra un metodo di induzione non è propriamente corretto, in quanto non sempre va a buon fine. In cosa consiste? In una visita ostetrica, che molte mamme definiscono come mediamente più fastidiosa del normale, che vede l'ostetrica procedere allo scollamento delle membrane amniotiche dalla parete uterina. Ciò comporta, in alcuni casi, l'avvio della sintesi di prostaglandine naturali, che possono influire sull'attività contrattile dell'utero. A seguito dello scollamento delle membrane è possibile notare delle perdite di muco e sangue, spesso di colore rosso vivo, che non devono preoccupare.

  • Amnioressi: con questo termine tecnico, si indica la rottura artificiale del sacco amniotico. Eseguita durante la visita ostetrica, prevede il ricorso a uno strumento noto come amniotomo. La rottura del sacco amniotico può avere come conseguenza l'avvio della sintesi di prostaglandine che, come già detto, influisce, spesso regolarizzandola, sull'attività contrattile uterina. Sia durante la rottura, sia dopo, è essenziale controllare, tramite tracciato, il battito cardiaco fetale.

Quanto dura l'induzione?

L’induzione del travaglio di parto può avere una durata di diversi giorni. Non sempre, infatti, il corpo della mamma reagisce nell’immediato all’applicazione dei metodi sopra menzionati. 


Ecco perché, in alcuni frangenti, possono essere necessari anche due o più giorni prima di apprezzare l’avvio del travaglio di parto.


Come accennato nelle righe precedenti, è importantissimo, per la gestante, cercare di passare il tempo di pre induzione nel migliore dei modi


Non c’è un consiglio scritto sulla pietra da considerare in questo caso: ogni donna, infatti, ha il suo modo di mettere da parte gli stimoli che provocano stress mentale e fisico.


Nodale è sottolineare anche che, una volta avviato il travaglio, quest’ultimo può essere più o meno lungo. Influiscono a tal proposito fattori come le condizioni della mamma e la posizione del bambino in utero, ma anche quanto il cucciolo preme.



Rischi

Il rischio principale derivante dal ricorso all’induzione di travaglio di parto è quello di avere a che fare con la somministrazione di farmaci, in primis l’ossitocina per endovena, un farmaco che, simulando l'azione dell'ossitocina naturale, innesca o regolarizza la contrattilità dell'utero. 


Inoltre, nei quadri caratterizzati da parto indotto, è più probabile il ricorso all’analgesia epidurale, così come quello di arrivare al taglio cesareo.


Alla luce di quanto appena specificato, è opportuno aprire una discussione chiara con i professionisti a cui si affida la gravidanza, così da valutare con estrema attenzione l’effettiva presenza delle indicazioni per il ricorso all’induzione.



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