Le posizioni e gli esercizi per gestire il dolore del parto
Introduzione
La gestione del dolore del parto è una questione di grande rilevanza per le future mamme e, in generale, per le coppie che vivono la gravidanza.
Se ti stai chiedendo come orientarti in questo tema oggettivamente complesso, nelle prossime righe puoi trovare alcune informazioni che spero possano esserti utili.
Dal momento che il contenuto è molto lungo, ho preparato anche un indice.
Grazie ad esso avrai modo, se vorrai, di approfondire in maniera specifica le sfaccettature dell’argomento.
Non dovrai fare altro che cliccare sul titolo del paragrafo corrispondente.
A questo punto, non mi rimane che augurarti una buona lettura!
Il significato del dolore del travaglio e del parto
Se si guarda alle narrazioni del travaglio e del parto che caratterizzano la cultura occidentale, è facile accorgersi che, nella maggior parte dei casi, il dolore è l’elemento dominante.
La situazione non è certo così in culture diverse da quella in cui viviamo.
In tali contesti, infatti, è più frequente focalizzarsi sulla potenza vivificante dell’esperienza.
Come spiego in questo video, nel momento in cui si chiamano in causa il dolore del travaglio e quello del parto si inquadrano le uniche sensazioni dolorose, tra quelle sperimentate dal corpo, non legate a una condizione patologica.
Può sembrare strano dirlo, lo so, ma il dolore del parto è un segno positivo.
Vuol dire che tutto sta andando come la natura ha previsto.
Ecco perché, se possibile, è il caso di leggerlo come un invito ad ascoltare il proprio corpo, concentrandosi esclusivamente sui suoi messaggi.
Tutto il resto - a cominciare dal telefono e dai messaggi di persone care comprensibilmente interessate alla situazione, ma che possono aspettare - va silenziato.
La lettura del dolore del travaglio, una sensazione diversa da tutte quelle sperimentate fino a quel momento dalla donna, è fondamentale sia per l’ostetrica, sia per il futuro papà che assiste.
Un criterio utile per capire come sta andando la situazione è il respiro della travagliante.
Proprio in virtù della presenza di segnali chiari, nel giorno del travaglio e del parto non è necessario sottoporre la futura mamma a continue visite ostetriche e ginecologiche.
Dopo questa doverosa premessa, è possibile entrare nel vivo di quello che si può fare per gestire le sensazioni dolorose che insorgono durante il travaglio e il parto. Sono due le strade che si possono scegliere:
Soppressione del dolore attraverso metodi farmacologici (qui un video verticale dedicato all’analgesia epidurale);
metodi non farmacologici. In questo frangente, il dolore non viene spento, ma si forniscono alla travagliante degli strumenti per imparare a gestirlo nella maniera per lei più funzionale.
Nel prossimo paragrafo dell’articolo, mi focalizzerò in particolare sui metodi non farmacologici, con una particolare attenzione alle posizioni (spoiler: è possibile iniziare a prepararsi già durante la gravidanza).
L'importanza del movimento
L’esperienza del dolore accompagna indubbiamente i momenti del travaglio e del parto.
Quello che può fare la futura mamma - o per meglio dire la coppia, in quanto anche il padre ha un ruolo cruciale - è sfruttare strumenti che permettono di ridurre l’intensità delle percezioni dolorose e di vivere il percorso che porta alla nascita del cucciolo con un senso di forte protagonismo.
Parlare di questo tema vuol dire, per forza di cose, chiamare in causa il movimento.
Alleato della mamma fin dai mesi della gravidanza, è imprescindibile durante il travaglio.
In questo tempo, la donna deve avere la possibilità di muoversi e di sperimentare le posizioni che la fanno sentire a proprio agio.
Le cosiddette “posizioni libere” hanno una caratteristica comune: lasciano libertà di movimento alla zona del bacino.
In questo modo, è possibile massimizzare l’efficacia delle onde dell'utero - preferisco utilizzare questo termine piuttosto che la parola “contrazioni” - e sfruttare al massimo la forza di gravità.
Il risultato? Un travaglio che dura meno e una percezione ridotta del dolore.
Attenzione, però: tutto questo ha senso se si adotta un approccio di continuità.
Come ho accennato nelle righe precedenti, bisogna rendere il movimento parte della propria quotidianità fin dalla gravidanza.
Metterlo totalmente in secondo piano e pensare di riuscire, il giorno del travaglio, a gestire agevolmente le posizioni libere è un’illusione.
Le posizioni e gli esercizi migliori per affrontare il dolore del travaglio
Quali sono le posizioni migliori per affrontare il dolore del parto? Quali, invece, gli esercizi più efficaci?
A queste domande è possibile rispondere chiamando in causa diversi accorgimenti.
Uno dei più importanti, fondamentale fin dalla gravidanza, è il ricorso alla fitball.
La palla da parto, durante la gestazione, può rivelarsi preziosa per affrontare, attraverso esercizi mirati di rotazione del bacino, i piccoli dolori posturali tipici dei mesi dell’attesa.
Quali sono i suoi vantaggi (ricordo che è molto utilizzata anche negli uffici di aziende internazionali, dove l’ergonomia degli arredi delle sedi è tenuta in grande considerazione)? Il suo essere tonda ed elastica.
In virtù di queste peculiarità, è un’acerrima nemica della stabilità. Quando ci si posiziona sulla fitball, è impossibile stare ferme.
La futura mamma che la utilizza, è coinvolta in un gioco di movimenti che coinvolgono innanzitutto la mobilizzazione del bacino, essenziale per il rilascio dell’ormone relaxina.
Quest’ultimo, a sua volta, agisce sul tessuto connettivo della cervice uterina, favorendo un’ottima preparazione del travaglio.
Un esercizio con la fitball che si può provare in vista del giorno del travaglio e del parto per imparare a gestire meglio il dolore prevede il fatto di mettersi a carponi sulla palla da parto.
Bisogna formare un angolo retto tra il bacino e la pancia, lasciando molle la testa.
Si tratta di un esercizio molto semplice: basta infatti dondolarsi avanti e indietro, lasciandosi andare sulla palla.
Lasciandosi trasportare dal suo movimento, è possibile apprezzare a fondo gli stimoli elastici, avvertendo anche i cambi di inclinazione del bacino.
Una volta acquisita la giusta confidenza con il dondolamento in avanti e indietro, si può provare a effettuare dei movimenti laterali.
Le ginocchia devono stare ferme e devono ruotare solo la colonna e la parte bassa del corpo.
Dopo aver fatto propria la pienezza della sensazione di benessere legata all’insieme dei sopra citati movimenti, si può iniziare a “disegnare” dei cerchi con la fitball (in questo caso, però, non si tratta di movimenti del bacino).
In tutto questo, ci si può aiutare con della musica rilassante.
Nel momento in cui ci si sente sufficientemente allungate, si può lasciar cadere il bacino verso i piedi, avendo cura di mantenere l’appoggio della palla.
Per concludere l’esercizio, si può abbracciare la fitball e tornare a dondolarsi lateralmente.
I vantaggi della posizione accovacciata
Nell’ambito delle posizioni che si possono sperimentare fin dalla gravidanza per ottimizzare la gestione del dolore del parto e del travaglio, rientra quella accovacciata.
Si parte tenendo i piedi per terra, con le piante ben salde sul pavimento e le punte che guardano in avanti.
Soprattutto quando la gravidanza si approssima al termine, può essere difficile sostenere il peso del pancione.
Niente paura! In tal caso, si chiede aiuto al futuro papà. Il compagno della gravida e futura travagliante ha, ribadisco, un ruolo cruciale.
Nel corso del travaglio, rappresenta il polo razionale del processo e deve sostenere la futura mamma sia psicologicamente, sia fisicamente (se riesce a farlo).
Dopo aver posizionato le mani a terra, quando ci si sente pronte si toglie l’ancoraggio e si sistemano i gomiti nella parte interna delle ginocchia.
Lo step successivo prevede il fatto di concentrarsi sulle mani, unendo i palmi come se si puntasse a distanziare il più possibile le ginocchia.
Subito dopo, si torna ad appoggiare le mani a terra e si ripete lo schema.
La posizione in questione aiuta durante il travaglio in quanto consente di “ascoltare” il livello di apertura e di distensione della parte inferiore del bacino.
Inoltre, aiuta a favorire la distensione e l’alleggerimento dei tessuti del perineo e del pavimento pelvico.
Nel video qui sotto, puoi vedere una dimostrazione pratica di quanto spiegato in queste righe.
L'utilizzo del rebozo
Quando si punta ad aiutare l’utero a lavorare in maniera più efficace durante il travaglio e il parto, è possibile fare riferimento al rebozo.
Strumento arrivato fino a noi dalla tradizione delle antiche parteras messicane (le levatrici), aiuta a correggere i posizionamenti anomali del piccolo, aiutando le onde dell’utero a fare un lavoro più profondo.
Ancora una volta, il risultato è un travaglio più rapido e che viene percepito come meno doloroso.
Utilizzabile a casa fin dalla gravidanza con l’aiuto di un’altra persona di cui ci si fida profondamente, prevede il fatto di vestirsi comode e di ricorrere, se lo si ritiene necessario, all’ausilio della fitball.
Se non si ha un rebozo vero, si può utilizzare la fascia rigida con la quale si porterà il piccolo, avendo cura di coprire tutto l’utero e il bacino fino all'inserzione del femore.
Bisogna avvertire come se si avesse un vero e proprio vestito addosso e sentire la tensione del tessuto.
Grazie all’aiuto del compagno e allo sforzo delle sue braccia, la futura mamma può apprezzare una piacevole sensazione di alleggerimento del bacino, che risulta libero.
Il consiglio che la Dottoressa Alvisi - autrice del videocorso preparto che puoi trovare alla fine del paragrafo - dà sempre ai futuri papà è di prepararsi durante la gravidanza, in quanto l’aiuto con il rebozo durante il travaglio può rivelarsi fisicamente impegnativo.
La posizione ideale per esercitarsi è dietro la mamma.
Bisogna, senza trascurare la comodità, tenere i piedi ben saldi a terra e le ginocchia leggermente flesse.
Con lentezza, si inizia a tendere il rebozo come a tirare verso l’alto il peso della mamma e del suo cucciolo.
A questo punto, si può partire a effettuare, sempre senza esagerare con la velocità, un movimento di rotazione delle braccia, proprio come se si volesse cullare il piccolo nell’utero.
Essenziale è assecondare le richieste della mamma in merito allo scioglimento della presa. La donna, dal canto suo, deve solo lasciarsi trasportare ed evitare di tenere i muscoli in tensione.
Altre posizioni
L’elenco delle posizioni che aiutano ad affrontare meglio il dolore del parto e del travaglio è molto lungo.
Oltre a quella accovacciata, è possibile citare la posizione eretta, durante la quale, se si desidera farlo, si possono effettuare dei piccoli movimenti del bacino.
Si può provare anche la posizione sdraiata sul fianco, con la gamba della futura mamma sostenuta dal gambale del lettino o dal compagno.
Se si opta per questa posizione, è bene mettersi sul fianco sinistro. Come mai?
Perché, in questo modo, si ottimizza la circolazione a livello placentare e si aumenta, seppur di pochi millimetri, lo spazio che il cucciolo ha a disposizione per passare.
Da non dimenticare è anche il ruolo della posizione accovacciata in sospensione, nel corso della quale è essenziale ancorare fortemente i piedi al pavimento (sono il riferimento per l’equilibrio di tutto il corpo).
Per alternare agevolmente la posizione seduta e quella eretta, si può ricorrere allo sgabello olandese, uno strumento specifico per il parto, impiegato frequentemente quando quest’ultimo avviene tra le mura di casa.
Grazie all’aiuto nella gestione dei cambiamenti delle posizioni, permette di massimizzare l’irrorazione ematica dei tessuti.
Posizione ginecologica: perché evitarla
Nonostante sia, purtroppo, lo standard in molte strutture in Italia, la posizione ginecologica durante il travaglio e il parto andrebbe evitata.
Utilizzata in passato in quanto è oggettivamente la migliore per permettere al personale medico e ostetrico di vedere quello che succede, non è funzionale al benessere della mamma e del cucciolo.
Ecco perché:
Il diaframma della mamma è bloccato, il che rende ostica la gestione delle spinte durante la fase attiva del travaglio;
l’osso sacro è bloccato, il che incrementa le difficoltà di passaggio del cucciolo attraverso il canale del parto;
riduzione del diametro del canale del parto per via delle ginocchia divaricate della partoriente.
La posizione ginecologica durante il travaglio aumenta anche il rischio di lussazione del coccige e di stiramento del perineo.
Inoltre, incrementa la probabilità, per la futura mamma, di essere sottoposta all’episiotomia.
Fra le altre problematiche è possibile citare i danni allo sfintere anale, che sono spesso occulti, e l’incontinenza post partum.
Controllo non farmacologico del dolore del parto: gli altri metodi
Oltre al movimento, è possibile fare riferimento ad altri metodi non farmacologici finalizzati al controllo del dolore del parto.
Qualche esempio? Il fatto di immergersi in una vasca di acqua calda.
Grazie a questo espediente, si minimizza la percezione del dolore in quanto l’informazione legata a quest’ultimo arriva dopo rispetto a quella del calore sulla pelle.
La donna immersa in acqua, non essendo soggetta alla forza di gravità, ha più agio nei movimenti del bacino.
Consigliato è anche l’utilizzo del doccino - se non si ha a disposizione la vasca - per non parlare della borsa dell’acqua calda, congeniale ai fini del rilassamento dei muscoli lisci dell’utero.
Concludo ricordando l’importanza del tocco caldo e dei massaggi, sperimentabili fin dalla gravidanza con l’aiuto dell’ostetrica, che vanno a lavorare sui tessuti al di sotto della cute.